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Arianna Antinori

Hostaria Cohen

La musica non è una gara (rispetto a cosa, a chi?), ma se vogliamo usarla come metafora allora per Arianna Antinori siamo al giro di boa e dopo anni agitati alla ricerca di una propria strada, oggi sembra aver imboccato davvero quella giusta. Anzi, togliamo il condizionale e parliamo di una svolta precisa e convincente. Complice di tutto questo è Hostaria Cohen, album uscito ad inizio ottobre e presentato all’Alcatraz di Milano in un concerto che ha saputo riunire le varie anime che attraversano questa rocker romana, ma vicentina d’adozione. Un grande show con ospiti ragguardevoli come Tullio De Piscopo, Phil Palmer, Nicolò Fragile, Ugo Bongianni, Alberto Radius (leggi qui l’articolo che presentava l’evento), ma dove i protagonisti erano soprattutto i musicisti che suonano con Arianna da un po’ di anni: Giovanni Da RoitCarlo De Bei alle chitarre, Manuel Bisetto al basso e Paolo Bertorelle alla batteria. Una garanzia live.

Un concerto rock, intenso, che ha offerto però più chiavi di lettura. Atmosfere diverse che poi si trovano anche nell’album, con dodici canzoni che ci consegnano un’artista “pronta”, come si dice in gergo, più che pronta a girare l’Italia e l’Europa con la sua musica. Voce potente e un repertorio capace di incollarti sotto il palco dalla prima all’ultima canzone, si portava sulle spalle il peso (a volte leggero e lusinghiero, altre volte pesantissimo) di essere la cantante che nel 2010 vinse il contest mondiale dedicato a Janis Joplin, organizzato dalla famiglia dell’icona americana nel 40° della sua scomparsa.
Credibilissima quando affronta i pezzi storici del blues e del rock mondiale, diventa commovente quando ti offre il repertorio di Janis, con una carica e un pathos che ancora oggi non ha eguali, perlomeno in Italia. Lo ha fatto per anni; ora a tutto questo aggiunge una marcia in più. E lo capisci quando parte il primo inedito del disco, Il Cappellaio di Dio, con un testo in italiano. Ma non solo quello, è tutto l’album che vede Arianna alle prese con la nostra lingua, in una sfida che ha visto molti gruppi e molti artisti uscirne a pezzi per tornare poi a mettere insieme frasi zeppe di “baby, oh yeah!” come intercalare.

Qui invece il risultato è sorprendente, con un sound che non arretra di un millimetro rispetto agli standard a cui ci aveva abituato (vale la pena segnalare il suo splendido lavoro d’esordio, omonimo, uscito nel 2012 e cantato tutto in inglese) ma che aggiunge anziché togliere. Aggiunge storie che toccano in maniera più veloce e diretta l’ascoltatore perché, è inutile negarlo, un testo cantato in italiano se è ben scritto arriva prima, muove corde che un testo in inglese non riesce a fare di primo acchito. Però in ‘Hostaria Cohen’ non è solo il testo a catturarti, ci sono anche le musiche, gli arrangiamenti, mentre sulla voce nulla da aggiungere, unica era e unica rimane. Artefice di questo gioco d’incastro perfetto è nientemeno che Mauro Paoluzzi, storico autore, produttore, musicista, arrangiatore di caratura internazionale, che in oltre quarant’anni di carriera ha lavorato con artisti diversi per genere e caratteristiche vocali (inutile fare l’elenco, basta cliccare qui e farsi un giro su wikipedia per capire di cosa e di chi stiamo parlando). Diremo solo che Paoluzzi sul finire degli anni Settanta incontra Gianna Nannini e per lei scrive America, brano che aprirà le porte del mercato europeo all’artista senese. Il pezzo era inserito in ‘California’, album in cui Paoluzzi suona tutte le chitarre e dove Gianna interpreta in italiano (con l’apporto di Roberto Vecchioni) Io e Bobby McGee, un successo, guarda le coincidenze, di Janis Joplin; un cerchio che in qualche modo si chiude. O, piuttosto, che si riapre. A distanza di anni Mauro riconosce infatti in Arianna quella grinta, quell’urgenza di poesia rock che vide negli occhi della Nannini nel 1979. E allora capisce che bisogna fare qualcosa di importante. Pian piano e tra mille difficoltà, costruisce un puzzle di professionalità che pesca dai suoi contatti e amicizie, chiama in studio musicisti con cui collabora da anni e ne inserisce di nuovi, registra in tre studi diversi (con Carlo Giardina al Bach Studios, con Andrea Zuppini e Lorenzo Alberti da Art&Musica, entrambi a Milano, e con Raffaele Stefani agli F.M. Studios di Monza), affida il delicato compito del mix a Nicolò Fragile (qui sotto nella foto al pianoforte) nel suo Hit Factory Studio e masterizza il tutto con Claudio Giussani all’Energy Mastering, lasciando infine ad UltraPrAgency di Elisabetta Galletta la promozione. La copertina è poi un capolavoro di intuito e aderenza al senso del disco. Viene chiamato Andy Fluon (che Mauro conosce dai tempi in cui produsse il primo album dei Bluvertigo), gli consegna delle foto di Cristina Arrigoni e lui ne sceglie una, che grazie al suo stile personalissimo trasforma in un’immagine che incarna appieno lo spirito dell’album (nella confezione in vinile è ancora più suggestiva).
Ma se tutti i meriti della parte musicale e produttiva vanno a Paoluzzi (il disco esce per la neonata Hostaria Records, quindi alla fin fine è un’autoproduzione), sui testi è giusto spendere un elogio per i tre autori che hanno scritto su ‘Hostaria Cohen’. Parliamo di Raffaella Riva, Vincenzo Incenzo (suoi i testi di Chiodo fisso e Martha, brani che sono stati la genesi del suo cantare in italiano) e soprattutto Elio Aldrighetti, che nell’economia dei testi è quello che ha scritto di più. Tre penne diverse per sensibilità ed esperienza, ma capaci di vestire al meglio le musiche (tutte) di Paoluzzi, sia con ritmiche di rock accentuato e di stampo americano (Sir Michael Philip, Uomo in mare) sia su melodie e strutture musicali più mediterranee (Chiodo fisso, Il Cappellaio di Dio, Martha (latte e sangue) non per questo meno incisive, anzi, più le ascolti e più ti coinvolgono. Trova spazio anche una cover, inaspettata, La notte; esatto, parliamo dello storico successo di Adamo degli anni ’60 che Paoluzzi reinterpreta con un tiro micidiale e chitarre acide, a dare maggior peso ad un testo che poteva sembrare sdolcinato ma che qui diventa tutt’altro.

Ma non ce ne vogliano i duri e puri del rock tutto cassa, basso e riff iperbolici, questo è un disco rock nel senso più completo del termine, dove i brani che più entrano sotto pelle sono le ballate come Dracula, Hostaria Cohen o Mai. Semplicemente perfette nel compito che si sono prefissate: colpire dritte al cuore, fino a quel capolavoro che è A cena con la vita, dove Aldrighetti cuce un dialogo tra la protagonista e la sua coscienza, per un confronto che sa di resa dei conti, con un ghigno sul finale che lascia più di un’interpretazione: “Non parlare, non fiatare, zitta! Ascoltami!/ Mi hai schiacciato mille volte calpestandomi/ hai cercato di tradirmi, di distruggermi/ ma io sono ancora qui davanti a te!”. Qui Arianna si supera e non sembri un paragone fuori luogo se diciamo che ci ha ricordato il graffiato e l’intensità di Mia Martini.

Si possono scrivere libri interi per spiegare cosa significa “rock”, e ognuno tirerà la giacchetta dalla sua parte, noi scegliamo quella più semplice, quella per cui è l’intenzione che segna la differenza con altri generi musicali. ‘Hosteria Cohen’ è tutto questo. È un album rock perché è pensato rock, costruito, cantato, suonato, del rock ne ha l’anima. E se invece per qualcuno diventerà difficile capire sotto quale ‘genere’ collocare questo album, amen, noi nel frattempo l’avremmo messo su da capo. Arianna Antinori e Mauro Paoluzzi hanno creato un feeling e delle canzoni così a fuoco che qui siamo ‘oltre’ il giudizio positivo di un album; indicano una strada, precisa, di come si può fare rock cantando in italiano.  C’è un’unica frase in inglese in tutto l’album e dice ‘the show goes on’, ma ci deve essere un errore, ‘the show starts now’!

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Mauro Paoluzzi  
  • Anno: 2017
  • Durata: 51:57
  • Etichetta: Hostaria Records

Elenco delle tracce

01. Il Cappellaio di Dio

02. Chiodo fisso

03. Mai

04. Uomo in mare

05. Hostaria Cohen

06. Non c’è più tempo

07. Martha (latte e sangue)

08. Sir Michael Philip

09. Dracula

10. La notte

11. A cena con la vita

12. Buon viaggio Mr Jones 

Brani migliori

  1. Dracula
  2. A cena con la vita
  3. Mai

Musicisti

Arianna Antinori (voce)  -  Mauro Paoluzzi (chitarra acustica ed elettrica, efx, cori)  -  Roberto Segala (batteria)  -  Carlo Giardina (basso, piano, keyboard e programmazioni)  -  Ugo Bongianni (piano, keyboard e programmazioni)  -  Phil Palmer (chitarra acustica ed elettrica in #6 e #8)  -  Andrea Zuppini (chitarra acustica in #5, cori in #8)  -  Carlo De Bei (chitarra intro in #2)  -  Fabio Casali (chitarra solista in #4)  -  Lucio Enrico Fasino (basso in #5, #6 e #9)  -  Manuel Bisetto (basso in #8)  -  Andrea Corvaglia (armonica in #2)  -  Marco Pandolfi (armonica in #8)  -  Carlo Cantini (violino in #5)  -  Elio Aldrighetti (cori in #4, #6 e #8)  -  Allievi della Scuola Art&Musica di Milano (cori in #8)