La Rosta
Il concetto di crowdfunding nell’ultimo decennio è diventato familiare nel dizionario degli artisti, in quanto rappresenta la speranza in più per pubblicare i propri lavori, visto che di produttori con la voglia di rischiare su nuovi nomi se ne trovano ben pochi. Ma l’assurdo è che in questa occasione non parliamo di benemeriti sconosciuti, in quanto i reggiani La Rosta fan capo a due personaggi del calibro di Massimo “Ice “ Ghiacci (Modena City Ramblers) e Marco “Goran” Ambrosi (Nuju), con l’aggiunta recente di Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut). Eppure, anche loro, dopo un paio d’anni passati ad elaborare gli 11 pezzi del nuovo album Hotel Colonial, son dovuti ricorrere all’istituto in premessa: pensate un po’ come siamo messi per sostenere l’arte!
Per fortuna il disco vede comunque la luce e compiace l’orecchio. Un’opera onesta, lodevole, dall’acustica scintillante che profuma di spezie internazionali e che non lascia nulla al caso ma punta il bersaglio dell’empatia, che ci vede tutti protagonisti nella ricerca di migliorarsi nello spirito e nelle istintività, spesso complici distruttive di un equilibrio che arranca nel fine primario di anelare serenità nel cuore. L’anteprima dello scorso autunno ci fu fornito dal singolo Con la poesia, strutturato su pizzicate e pennate stoppate che assecondano, diligentemente, il clima da strong-ballad che si respira, mentre l’altro apripista Odore di miscela sferra un ruvido quanto gagliardo emo-country che ti sbatte in sella ad un cavallo e via di corsa in un galoppo nelle lande West-coast. L’intero Hotel Colonial è, tuttavia, un albergo con 11 stanze iconiche, accomunate nel trait-d’union di braccare e far progredire l’uomo “errante”: che commetta errori o vaghi nell’incertezza, la meta è quella di continuare a perseguire l’evoluzione personale senza tirare mai i remi in barca ed il soggiorno che offrono i Nostri è sì, confortevole ed elegante, ma brulica di pulsazioni esistenziali. L’acustica corre spesso Sul Filo di chitarre variegate e ritmiche allestite obliando opulenze sonore a tal punto che, nel mezzo del cammin di loro vi(t)a, arriva l’emblematica strumentale La stanza chiusa. Invece, la carezza pianistica che sfoggia Ramingo è intrisa di sana malinconia in un narrato caldo e passionale, mentre I Denti del cane e Una vita insieme sono specchi ponderativi sui morsi che lascia sulla pelle lo scorrere del tempo, nel quale l’unica àncora di salvezza è cementare l’armonia di coppia. L’amara folk-ballad L’uomo in grigio gira la chiave dell’ultima mandata del portone di Hotel Colonial, chiudendo i battenti di un lavoro verace, sanguigno, opalino negli intenti ed evolutivo nel cuore, la cui porta non va mai chiusa per essere sempre aperta a slanci di rinnovata identità.
01. Hotel Colonial
02. Con la poesia
03. Sul filo
04. La ragazza con il piercing nel cuore
05. Odore di miscela
06. La stanza chiusa
07. Ramingo
08. I denti del cane
09. Una vita insieme
10. L’uomo in grigio
11. Non c’è più tempo
Massimo Ghiacci: voce, chitarra acustica, mandolino - Marco Ambrosi: chitarra acustica ed elettrica, bazouki, mandolino, percussioni, cori – Andrea Rovacchi: sintetizzatore, pianoforte, organo, batteria, percussioni