Houdini,
dopo l’ottima accoglienza riservata a “Merendine” del 2006, è per
Beppe Donadio un autentico banco di
prova. In tempo di calcoli, strategie, scelte oculate e ponderate, dove le
valutazioni di mercato vengono prima di quelle artistiche, un disco come questo
paradossalmente potrebbe “spaccare”. Perché ha canzoni bellissime, ha ritmo,
dolcezza, malinconia e vivacità, perché ha testi straordinari, perché non fa
calcoli ma punta alla sostanza delle canzoni, che non scivolano via ma entrano
sottopelle. Un album che continua il racconto, iniziato con
Merendine, della vicenda di Beppe D.,
cantante abituato alle porte in faccia, ai no, ai rifiuti ma che non demorde e
grida il suo bisogno di un mondo – non solo musicale – migliore, che gli
conceda almeno una possibilità. Una
storia fatta di canzoni e di gustosi siparietti recitati da grandi voci
come quella del compianto Oreste Rizzini, noto per essere stato la voce
italiana – tra gli altri – di Michael Douglas e di Gerard Depardieu, oppure di
Sergio Mancinelli, già speaker di Radio Capital e ora a Radio Rai Uno. Le
canzoni dicevamo, quasi tutte bellissime. Alcune struggenti:
Tempo al tempo, che racconta di una vita
che scorre ma che per essere compresa deve dare “tempo al tempo”,
Maestrale, dedicata alla caduta del muro
di Berlino, la title-track
Houdini,
bossa argentina con la fisarmonica di Fausto Beccalossi in bella evidenza,
Caramelle, gioiellino per i “deboli di
cuore”. Altre trascinanti:
Dieci piccoli
indiani, una sorta di “Vil Coyote” di Finardi pungente e ironica, oppure
L’uomo dello spazio, volutamente scritta
sulla scia musicale di
Bella Ciao.
Altre ancora quasi perfette:
La mia idea
del futuro, tra Ivano Fossati e Sting. Sorprendente è
Boyband, che ironizza – alla grande – sui concorsi canori, con
partenza in stile Neri per caso, transito per il rap e conclusione con la
recita di una poesia del Cibaldi, con le voci di Alessandro Ducoli (dialetto
bresciano) e di Sergio Isonni (italiano). Chiudiamo con il primo singolo,
Le ultime parole famose, che ricorda i
tempi in cui la musica era una cosa seria anche quando era leggera e “chiede”
che ci sia ancora qualcuno a proteggere quelle canzoni che “possano cambiarci
la vita”. Ospiti del disco Mark Goldenberg, chitarrista di Jackson Browne,
Michele Gazich violinista giramondo, Franco Testa (basso), Elio Rivagli
(batteria), Veronica Sbergia (voce) e Max De Bernardi (national guitar).
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