Moltheni
«L’altra notte mentre uscivo
fuori dalla discoteca è passata a quattro metri la mia vita / camminava col
bicchiere e un vestito nero mi ha guardato ma non mi ha cagato»: l’incipit
(splendido) di Vita rubina annuncia
il settimo capitolo dell’avventura musicale di Moltheni, sempre più affezionato a quel recupero del folk americano
delle origini che oltreoceano sta facendo la fortuna di gente come Devendra
Banhart, Marissa Nadler, Josephine Foster e chi più ne ha più ne metta. Ma
Umberto Giardini dà a queste influenze un’impronta che scontorna i brani verso
geometrie più pop, lasciando intatto quel carisma da ottimo scrittore di
melodie (a cui fa da supporto una resa vocale sempre più emozionante) che gli è
proprio fin dagli esordi pur discontinui di “Natura in replay”. Sull’onda del
precedente ep “Io non sono come te”, I
segreti del corallo è comunque il suo disco più analogico e “legnoso”, che
sposta il perfetto bilanciamento tra folk e pop di “Toilette memoria” verso il
primo dei due piatti (la crepuscolare Corallo,
la brumosa Ragazzo solo, ragazza sola),
conforme a quell’andatura che fin dagli inizi lo ha visto sempre in perenne
mutazione ma anche in collegamento con ciò che è stato.
E proprio rispetto a “Toilette
memoria”, ad oggi il suo capolavoro, “I segreti del corallo” subisce uno scarto,
leggero ma percepito, non reputabile tanto ai giochi di bilancia di cui sopra
ma più semplicemente alla qualità della tracklist, che parte all’apice con la
cavalcata dagli echi post di Vita rubina
(fraseggio di chitarra reiterato e trascinante, testo da brividi, uno dei suoi
brani migliori) e rimane sempre piuttosto in alto, in primis su L’amore acquatico e sulla lamentazione di
piano circolare con strepiti di slide e tastiere di Verano. Ma, come dire, “Toilette” ha una marcia in più.
Non rimane dunque che segnalare
tutte le ulteriori variazioni oltre a quelle già dette, a partire da una
maggiore presenza di chitarra elettrica, organo e piano accanto ad acustica e
rhodes – aggiunte che determinano l’incedere evocativo dello strumentale Che il destino possa riunire ciò che il mare
ha separato e il tentativo psych della placida Oh, morte – fino alla rilettura di due brani da “Splendore
terrore”: In porpora, rifatta (meno
bene) su una pulsazione di basso monocroma, e Suprema ripresa (meglio) in coda, a mo’ di ballad settantiana. Momenti
transitori di un lavoro che pare anch’esso di passaggio, ma che non avrà
sicuramente un ruolo minore nella discografia del titolare.
01. Vita rubina
02. Gli anni del malto
03. Che il destino possa riunire ciò che il mare ha diviso
04. L'amore acquatico
05. In porpora
06. Oh, morte
07. Corallo
08. Ragazzo solo, ragazza sola
09. Verano
10. L'attimo celeste (prima dell'apocalisse)
11. Suprema
Moltheni, Pietro Canali, Gianluca Schiavon, Giacomo Fiorenza, Alessandro Fioroni