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Giardini di Mirò

Il Fuoco

Restituire un suono a un film trovando così l’immagine della propria identità sonora. Questa la sfida a cui si accinge un gruppo inaccontentabile come i Giardini di Mirò. Sperimentatori del post-rock italiano, esploratori delle possibilità dell’indietronica e del glitch, progetto senza limiti di frontiere linguistiche. La band che ha saputo incantare il panorama indie italiano fin dai tempi dell’ormai storico esordio “Rise and Fall of Academic Drifting” (2001) decide nuovamente di spogliarsi della voce, in perfetta coerenza con la scelta di musicare un film muto. Decide di puntare sulla straordinaria potenza evocativa dei propri tappeti armonici e sulla propria inconfondibile capacità di scrivere romanzi in note, dinamicamente complessi e allo stesso tempo così naturalmente suggestivi. La scelta si rivela ideale per corredare una pellicola come “Il Fuoco” (1915), il classico di Giovanni Pastrone recentemente restaurato, ottenendo così l’esegesi perfetta del romanzo senza tempo di Gabriele D’Annunzio.

In dodici movimenti viene dipanata un’odissea decadente di sole ottenebrato e passioni recondite, tra chitarre di miele alternate a fraseggi noise, da preamboli solenni e tribali a discese in vortici di distorsioni e bassi infiammati: gradualmente la forma divampa fino a creare un’infernale arcadia sonora così concreta da esser palpabile e percorribile anche senza l’ausilio del pendant filmico. L’importanza di questo lavoro si rivela proprio nell’autonomia di questa suite di quaranta minuti, nell’impatto epico che sa costruire indipendentemente dal pretesto di partenza, nel suo essere una creazione magistrale a sé stante.

Dall’incipit melodico de “La favilla” veniamo trascinati con lucidità visionaria al climax senza ritorno de “La vampa”, dove un nebuloso groviglio di chitarre lamentose e luciferine traghetta l’ascoltatore lungo un arioso paesaggio fatto di arpeggi e archi solenni. Un viaggio fatto di pennate lunghe e galoppate verso orizzonti affumicati di cui apparentemente non si percepisce la fine, fino all’improvvisa chiusa dei delay di ritorno: la fiamma si è spenta. Rimane “La cenere”, una marcia funerea e allo stesso tempo trionfale, dove una nevicata di lapilli accompagna la tromba di Emanuele Riverberi verso un ritorno che odora di catarsi onirica. Una sintesi circolare in cui i Giardini di Mirò non perdono mai di vista i contenuti, glorificandoli con una maturità formale mai così compiuta nei lavori precedenti.

Potremmo definirlo un casus singularis nell’odierno panorama rock nazionale, una contaminazione tra arte filmica e avanguardia musicale a un tale livello di eccellenza che per trovare illustri precedenti nella storia musicale del nostro paese bisognerebbe risalire a pietre miliari come gli Osanna di “Milano calibro 9”: decenni di distanza per ribadire come un perfetto connubio multidisciplinare sia capace di tramutarsi nella più felice delle realizzazioni artistiche.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Giardini di Mirò
  • Anno: 2009
  • Durata: 43:40
  • Etichetta: Unhip Records/Audioglobe

Elenco delle tracce

01. La favilla 1
02. La favilla 2
03. La favilla 3
04. La favilla 4
05. La favilla 5
06. La favilla 6
07. La favilla 7
08. La vampa 1
09. La vampa 2
10. La vampa 3
11. La cenere 1
12 .La cenere 2

Brani migliori

  1. La favilla 2
  2. La vampa 2
  3. La cenere 1

Musicisti

Jukka Reverberi: chitarra elettrica, live electronics Corrado Nuccini: chitarra elettrica Luca di Mira: tastiera Mirko Venturelli: basso elettrico e clarinetto Francesco Donadello: batteria Emanuele Reverberi: violino, tromba, live electronics