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Giovanni Truppi

Il mondo è come te lo metti in testa

Quello di Giovanni Truppi non è cantare. Non è neanche dire, però, né declamare, né rappare. Cos’è, cosa non è. Se è vero, come recita il titolo dell’album, che Il mondo è come te lo metti in testa, questo Cd non fa eccezione: è proprio come te lo metti in testa.

Cioè, dipende anche da te, dalla tua capoccia, da quante cose ci tieni dentro, da come le incastri. Perché se te lo metti male in testa, questo album potrebbe essere ciò che di peggio possa capitarti: potresti, in un rapido turn over, irritarti, sdegnarti, liquidarlo tra la mala schiatta degli stalkers del proprio ombelico, catalogarlo sotto la voce “emulo provinciale di Tricarico (in clamoroso ritardo)”, rispolverare, se vuoi far colpo sulla tipa indiepatica, la buona vecchia accusa di Velleità (nella modalità Sarcasmo Sulle Altrui Per Scusar Le Proprie).

E sarebbe una grave cazzata, perché Giovanni Truppi è un fenomeno unico, il trait d’union tra Ettore Petrolini e Bugo (te lo ricordi, Bugo?), ma con in più un pensiero filosofico, uno sguardo fuori sincrono sul mondo, un canto sfasato che sorvola su ogni metrica e armonia.
Eppure, perché c’è un eppure a questo punto del discorso, non temete, sfugge alle risacche e ai soliloqui della sperimentazione da egotrip: il flusso poetico di questo poco più che trentenne napoletano colpisce e incanta, inchioda, fino a cavarti fuori un entusiasmo bambino, farti riscoprire la gioia perduta di chi vede fiorire davanti a sé un genio assoluto. E non è cosa da tutti i giorni.

Ascolti e vedi Giovanni Truppi (perché lo devi vedere, come si faceva una volta, ai tempi di Gaber) e pensi che c’è qualcosa di Ciampi, di Rino Gaetano, di quelli che dicevamo prima, finanche de Le luci della Centrale Elettrica, toh, e quindi ragioni che quando uno ti fa pensare a tanta gente non è mai bene, ma poi ci senti l’urgenza e la sporcizia del punk, e poi ti lasci colpire da un brano come  Come una cacca secca e ti accorgi che non ascoltavi una canzone di disamore così toccante da anni, e che un verso come: “Noi due quando scopiamo/scopiamo meglio con altre persone” è definitivo, davvero.

Eppure (il secondo eppure dell’articolo) Giovanni ci aveva provato a fare il cantante, quello che canta nei dischi per dirla alla Jannacci. Ascoltate il primo album C’è un me dentro di me: ci sono canzoni, dico vere canzoni, con armonia, melodia, arrangiamento, uno che canta note. Insomma, i dischi, ve li ricordate?
Il mondo è come te lo metti in testa è invece tutta un’altra cosa, è un bruciante scatto in avanti, sta al disco precedente come La guerra di Piero sta a Nuvole barocche, per usare una proporzione in codice per gli iniziati.

C’ha provato, dicevamo, ma forse ha capito che non gli veniva mica bene. Cioè, quell’album del 2010 era fatto come andava fatto, intelligente, carino, con alcune trovate. Ma stava lì, in mezzo a migliaia di dischi indie/pop, uguale agli altri, cinese tra i cinesi.

Truppi invece oggi li canta i cinesi (genialmente, da questo punto in poi potete quando volete inserire nella recensione l’avverbio dove più vi pare), li prende di petto, non si tira mica indietro, utilizzando una procedura che poi usa anche in altri pezzi: Truppi v’intruppa (forse me lo devo giocar meglio ‘sto calembour, poi magari ci torno sopra), vi fa entrare in un certo mood, per tre strofe vi tenta di gancio, (ti fa credere che sta girandola a fregnacce) e poi vi tramortisce da un’altra parte.

Un disco solo voce, chitarra ebbra e batteria pestona/espressiva  - suonata da Marco Buccelli, qui nella foto con Giovanni - , (ma c’è anche spazio per un pezzo da camera piano e voce come Cambio sesso per un po’, che non sarebbe affatto dispiaciuto a un Paolo Poli… ops…!) uno sguardo lucido che va all’essenza del vivere, un punk minimalista pieno di sentimento che prende l’eloquenza e le torce il collo.
E poi, come potreste leggere altrove, ci sarebbe l’ironia, come no, ma quella ormai nel post-post-moderno non se la nega nessuno, quindi, scusate, come se ne avessimo parlato, ok?

Dove eravamo? Ah già, dicevamo della tua testa, amico lettore, mon semblable, mon frère.  Se hai l’anima abbastanza vasta, vi troverai un bel posticino vista-lago sia per il protodemenziale inno generazionale Giovinastro (un adattamento dal cantautore salernitano Gianfranco Marziano) nonché per la sparatissima Ti ammazzo (No. Non c’è punto esclamativo, a dimostrazione che fa sul serio), sia per gioielli di pudico intimismo come il brano La domenica.

E  poi trovate posto, ve ne prego, per Amici nello spazio, ancora una serata tra amici (le cene sono la sua Accademia platonica, a quanto pare, con preferenza per quelle declinabili nella tipologia di “addio” o “bentornato”), che comincia, secondo la procedura di cui sopra, con una delle similitudini più illuminanti e minchione mai lette/ascoltate (un parallelismo tra un sonetto di Dante e i video rap), per poi deragliare ancora in una scena di puro lirismo, un bacio tra amici da sciogliere il cuore.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Marco Buccelli e Giovanni Truppi

     

  • Anno: 2013
  • Durata: 50:02
  • Etichetta: Miracoli-Jaba Jaba Music/Audioglobe

Elenco delle tracce

01. Il mondo è come te lo metti in testa

02. Ti voglio bene Sabino

03. Cambio sesso per un po`

04. La domenica

05. Quante volte

06. Come una cacca secca

07. Giovinastro

08. Ti ammazzo

09. Amici nello spazio

10. I cinesi

11. Nessuno

12. 19 gennaio

13. La lotta contro la paura

14. Il mondo è come te lo metti in testa (reprise)

 

Brani migliori

  1. Amici nello spazio
  2. I cinesi
  3. Ti voglio bene Sabino

Musicisti

Marco Buccelli: batteria  -  Giovanni Truppi: voce, chitarra, pianoforte