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Franco Mussida

Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu

Sembra facile recensire un disco, invece non lo è mai. Perché nell’ascolto bisogna eliminare ogni pregiudizio verso il genere musicale o l’artista affrontato, calandosi in quello specifico lavoro, al di là di un ‘prima’, cercando di immedesimarsi nell’autore (o negli autori) per cogliere il senso del lavoro proposto.

Dell’autore di questo album, Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu, Franco Mussida (il quarto da solista dal 1991), sappiamo molte cose: la sua presenza del gruppo de I Quelli, il lavoro di turnista in sala di incisione, la co-fondazione della Premiata Forneria Marconi, il lavoro svolto sui nuovi arrangiamenti delle canzoni di Fabrizio De André. Questo solo per ricordare alcune tappe del suo percorso come musicista. Poi c’è l’immenso lavoro svolto (e tenacemente in corso) nella fondazione del CPM Music Institute attivo dal 1984 e salito al rango di scuola di livello universitario. Senza dimenticare il lavoro svolto a supporto dell’associazione Exodus e in tante iniziative a sfondo benefico e sociale nonchè il lavoro che Mussida opera nelle maggiori carceri italiane con un progetto di natura musicale, Progetto CO2, terapeutico dal punto di vista dell’emozione in favore del percorso di recupero dei detenuti in molti carceri italiane. Negli ultimi anni, inoltre, molte sono state le pubblicazioni di libri nei quali la musica è stata presentata come “strumento” di crescita interiore (emblematico in questo senso 'Il pianeta della musica', uscito per Salani nel 2019). Questo nuovo lavoro, pertanto, potremmo definirlo come una sorta di summa degli ultimi trent’anni di meditazioni, riflessioni, intuizioni (e intenzioni per il futuro) da parte di Mussida, che da sempre dalla musica è inseguito e utilizzato per diffonderne il senso di bellezza, un impegno volto a riscoprire le cose autentiche del nostro vivere e con cui superare l’ovvietà che imperversa in ogni dove.

Non per niente il personaggio protagonista dell’album, Iòtu, è l’intersezione di due separazioni che si abbracciano nel “noi”. Un Noi che in Mussida si manifesta attraverso il bisogno di cercare (e trovare) quel mondo che è radicato nelle nostre più profonde emozioni, ma quasi sempre introvabile. Su queste basi, allora, si può comprendere al meglio il musicista Mussida quando afferma che “il suono è vita vibrante organizzata” e che questo suono è una entità viva che nutre lo spirito e può essere guida per una profonda crescita interiore. Considerando che la sua vita non è stata legata solo alla musica ma si è contaminata di varie esperienze, è bene sottolineare che questo lavoro deve essere letto anche come una sorta di riflessione di quella generazione che, a partire dagli anni ’60, ha dato “l’assalto al cielo” ma che purtroppo non ha raggiunto l’obbiettivo (pur avendolo intravisto e quasi toccato…).

 

È però bene ricordare che ‘la fortuna’ di Mussida, oltre al suo talento ed alla sua innata curiosità, è stata quella di aver fondato il CPM e quindi l’aver vissuto a contatto con i giovani nel trascorrere del tempo e nella trasformazione delle condizioni sociali, politiche, esistenziali, economiche, valoriali. La vicinanza ai giovani ha reso possibile il mantenimento di uno sguardo aggiornato sulla realtà, sul presente. Sguardo capace di non fare asciugare l’immaginazione e la forza della fantasia ma inglobando le esperienze vissute in una forma di filosofia della musica davvero intrigante, suddivisa tra sguardo emozionale, mistico, esistenziale e di grande concretezza.

Venendo invece a questo nuovo lavoro, tredici i brani proposti, mentre sulla versione in vinile troviamo un brano in più, grazie alla presenza dello strumentale Stupori, di cui diremo alla fine. L’album racconta di un viaggio, quello che intraprende il protagonista, Iòtu, a bordo della sua navicella-asteroide, Loke 4862. Un viaggio iniziato da bambino con la scoperta del mondo del suono, delle sue vibrazioni e della sua possibilità di condurre ciascuno in mondi inaspettati, di trasformare ciascuno in persone nuove.

La chitarra - uno splendido modello,  una Gibson “Chet Atkins”, costruito appositamente dal liutaio Marco Vignuzzi su indicazioni dello stesso Mussida, che voleva raccogliere in una sola chitarra le caratteristiche che si possono ottenere da un’acustica, un’elettrica ma anche da una classica - accoglie l’ascoltatore in Iòtu e il piano planetario e subito la voce di Mussida conduce ‘in un universo parallelo’. È la scoperta della dimensione del mistero che si manifesta attraverso il suono. Le note cadono come pioggia dall’alto mentre le parole pongono domande sul senso della vita. L’oro del suono, secondo brano, arriva subito in sequenza con il canto di Mussida supportato da delicate voci femminili. La chitarra è come un ago magico che costruisce un ordito che, piano piano, compone un Mandala sonoro che, cucendosi con le liriche, rende il soggetto “musica” elemento imprescindibile della vita evidenziando, d’altro canto, la difficoltà del vivere in maniera ‘anomala’ rispetto ai veri bisogni dell’essere. Le note galleggiano nell’aria di questo spazio ideale attraversato dalla navicella Loke 4862 in un finale sonoro davvero suggestivo. Segue Il mondo in una nota, che si apre con un arpeggio chitarristico lieve e pregnante, ponendosi come una chiave che apre le porte al mondo governato dalle note; le liriche rappresentano una sorta di elevazione del concetto ‘nota musicale’ come un elemento vitale, come un gusto in più, come un concetto che si trasforma in stato d’animo, in emozione, in spazio libero da riempire con la vita e la vita da riempire con la libertà.

Arriva adeso una traccia strumentale, Afromedindian Blues, dove il suono della chitarra è come un diaframma sonoro posto tra le foreste dell’Africa e i prati dell’isola di Smeraldo. Due tradizioni musicali e antropologiche che si incontrano in un luogo neutro, la musica, colmo di dolore e di piaghe della storia non ancora sanate. Il suono è volutamente malinconico ma esprime anche una potente voglia del riscatto. In Democrazia solidale, si cambia mood, la musica e le liriche del testo sono incalzanti, pongono domande, esprimono il bisogno di cambiare. Emerge l’esigenza di confrontarsi con se stessi e con la ‘comunità Mondo’, passaggio utile per costruire nuove forme di convivenza con la capacità di saper scegliere “un nuovo paradigma di socialità”. Le note della chitarra guidano il resto degli strumenti nella costruzione di un grande affresco sonoro dove si ricordano i nomi di alcuni personaggi noti, quasi fossero una sorta di novelli Virgilio che possano accompagnarci in un nuovo percorso di vita e per questa ragione è importante sottolineare che “cercasi una nuova lucidità”. Anzi, di più, “cercasi nuova felicità”. A metà disco arriva Ti lascio detto, con un testo parlato in cui è inclusa la filosofia dell’album. O meglio, potremmo sbilanciarci e dire la filosofia di Mussida, la filosofia di chi dovrebbe comprendere, in maniera sincera, gli errori di una generazione (ma anche le sue splendide utopie) in un bagno di grande umiltà e serenità. È il brano più corto dell’album ma l’idea della segreteria telefonica è geniale.

 

Io noi e la musica prende spunto dal concetto di pioggia, ben illustrato dalle note cadenti che accompagnano il testo parlato di Mussida. Questo si può immaginare come il brano manifesto dell’album (accompagnato da un bellissimo video) dove vengono elencati, con appropriate metafore, passaggi storici, politici, esistenziali degli anni ’60 e ’70, gli anni in cui tutto sembrava possibile. E alla fine il nucleo forte dell’album emerge in maniera prepotente perché “se le parole possono mentire la Musica, lei non mente mai”. Prosegue l’ascolto con È tutto vero, brano che danza su un tappeto di note brillanti e delicate al contempo. La chitarra sprizza note piene di colori e la voce di Mussida, ben coadiuvata da voci femminili (in questo caso facenti parte della Compagnia teatrale Casa Fools) ben descrive il desiderio di verità e sincerità che deve accompagnare ciascuno di noi nel cammino della vita, perché in fondo noi abbiamo “un tempo in usufrutto, da godere tutto”. Un bel brano, che musicalmente ci riporta indietro nel tempo con dei passaggi musicali di grande godibilità fino al termine del brano tra percussioni, voci femminili, note della chitarra che corrono liberi come cavalli allo stato brado.

Arriva ora un’altra traccia strumentale, Il sogno e la strada con le note della chitarra che potrebbero rappresentare la luce che entra in una stanza rimasta buia per troppo tempo. Incisive e delicate al tempo stesso, le note si manifestano come una sorta di segnale della presenza, sempre e comunque, di uno spiraglio di vita verso cui incamminarsi. Un brano sognante dove si apprezzano le virtù chitarristiche di Mussida (cosa di cui eravamo già certi da qualche decennio…) insieme alla bellezza del suono proprio della chitarra classica baritono suonata dall’autore. In Nini l’atmosfera diventa onirica, con le liriche che recitano parole di riflessione sul senso della vita, sul bisogno di aprire gli occhi verso quello che già esiste: la natura (nonostante l’uomo) e l’arte (grazie all’uomo). Siamo tutti legati da un patto di vita, l’alto e il basso. Ma dobbiamo averne coscienza. Ci si avvicina alla fine dell’album e troviamo Incanto e amicizia, pezzo che si apre “quasi” fosse un madrigale, con la voce di Mussida che pare bisbigliarci parole di saggezza e verità (da apprezzare il timbro vocale pieno di suggestione ed emozione). Un brano profondo, che pare provenire da un lontano passato, con suoni e parole antiche ma sempre attuali.

 

Il lavoro della bellezza è una sorta di ricerca del significato della bellezza. Al di là dell’estetica ma dello sforzo nell’avere contezza e percezione anche di quello che non si vede, “stupore puro che cerca i nostri occhi…”. La bellezza come ricerca ma anche come dimensione “dell’essere cercato da qualcosa, da qualcuno…”. Il suono della chitarra classica, con le note delle tastiere a supporto, ci appare come una evocazione della dimensione gilmoriana. Ricerca della bellezza, visione della storia, bisogno di esplorare la profondità del sé, perché è lì che possiamo trovare parte delle risponde alle incancellabili domande sul senso della vita. Il finale, nella versione cd è lasciato allo strumentale chitarristico Alberi, titolo e atmosfera quasi a ricondurre il concetto di legame con la natura. Il suono della chitarra è avvolgente, ipnotico, rilassante, liberatorio. Il risultato non è soltanto frutto del virtuosismo, ma segno tangibile di un lavoro sentito dall’autore non solo in termini musicali, il che sarebbe già un traguardo ma nel senso olistico del termine, all’interno del quale c’è la storia creata da un suono che partendo da un colpo dato alle corde di una chitarra, amplificate dalla sua cassa armonica, rapirono “quel” bambino donandogli in cambio la mappa per trovare il tesoro più importante: se stesso… Due parole infine su Stupore, ultimo brano nella versione vinile. Appare avvolto da un alone rarefatto, humus quasi da delta del Mississippi oppure proveniente da un'altra dimensione. È come uno spazio vuoto, in cui le note della chitarra di Mussida ne riempiono ogni dove colpendo, delicatamente, l’attenzione di chi ascolta. Potrebbe apparire come un esercizio di stile, invece le note che si dipanano si manifestano come un soffuso sospiro di saluto.

Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu è un lavoro coraggioso, profondo, affascinante, stimolante. Un lavoro di cui, in questi tempi difficili, c’era davvero bisogno. Un lavoro per certi versi necessario per riportare l’attenzione sul significato del rapporto tra l’uomo ed il suono e, soprattutto, sul significato della bellezza e di come lo sguardo dell’uomo sia distratto troppe volte da altro. Generalmente un “altro” quasi sempre inutile…

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Lorenzo Cazzaniga; Produzione artistica: Franco Mussida
  • Anno: 2022
  • Durata: 55:55
  • Etichetta: CPM Music Factory

Elenco delle tracce

01. Iòtu e il piano planetario

02. L’oro del suono

03. Il mondo in una nota

04. Afromedindian blues

05. Democrazia solidale

06. Ti lascio detto

07. Io noi la musica

08. È tutto vero

09. Il sogno e la strada

10. Ninì

11. Incanto e amicizia

12. Il lavoro della bellezza

13. Alberi

14. Stupore (solo nella versione vinile)

Brani migliori

Musicisti

Franco Mussida: chitarra classica baritona, chitarra elettroacustica modello Gibson “Chet Atkins” (elaborazione Marco Vignuzzi), chitarra acustica solid body, elettroacustica Fox 010-2017, bouzouki;
Giovanni Boscariol: tastiere, organo, sintetizzatori, emulatore Hammond, campionatore;
Paolo Costa: basso elettrico;
Tiziano Canfora: set percussivo world wide;
Giulia Lazzerini: voce in L’oro del suono e Il mondo in una nota;
Marina Ferrazzo: voce in L’oro del suono e Il mondo in una nota;
Paola Bertello, Roberta Calia, Silvia Laniado, Cindy Balliu (Compagnia teatrale Casa Fools) in cori e improvvisazione finale È tutto vero.
Sandro Mussida: direzione ensemble mandolinistico formato da otto mandolini, una mandola, un mandoloncello;
Donata Frati, Martina Fanconi, Francisca Abreu, Vincenzo Tripodo, Eugenio Palumbo, Massimiliano Vasile: mandolini;
Pierlaura Vezzoli: mandola;
Michele Mucci: mandoloncello