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Galoni

Incontinenti alla deriva

“Nell’accezione dantesca gli incontinenti sono coloro che non riescono a contenere il desiderio morboso del vizio perché danno poco spazio alla ragione. E in questo cerchio abita la maggior parte di noi, me incluso.”

È lo stesso Emanuele Galoni, in arte Galoni, a definire così Incontinenti alla deriva, terzo album in studio dopo Greenwich (2011) e Troppo bassi per i podi (2014). Quattro anni di distanza, ma un unico comun denominatore: l’analisi della contemporaneità con una lente di ingrandimento attenta e puntuale. Incontinenti alla deriva è uno di quei dischi da ascoltare e riascoltare senza fretta per cogliere al meglio la poetica di un artista mai convenzionale, che rispolvera il cantautorato classico, riproponendolo in una chiave folk squisitamente originale.

In apertura, il primo singolo Banksy pone già l’accento sull’umana fragilità che pervade tutto il lavoro (“Per noi che abbiamo il capogiro, meglio l’inferno non si scivola/ E a guardare il paradiso le scale sono a chiocciola”), ed è proprio su questa sensibilità nel comprendere le paure e le debolezze della nostra natura che Galoni trova la sua unicità ed importanza nel panorama musicale italiano. Paura che va raccontata anche quando fa rima con disumanità, come ne I sistemi binari (“Tra chi scrive con i piedi e poi ti dice <<stai a guardare la sintassi?/ Ma cacciamoli a pedate questi negri sono tutti terroristi>>”), o quando la speranza diventa un’arma a doppio taglio per chi non ha la forza di reagire in Status Quo (“Ti diranno sempre di aspettare/ Ma l’attesa è una bomba sotto il sedere/ L’attesa è la menzogna di chi ci sa fregare”).

Ma c’è spazio anche per la leggerezza di una ballata in Trattato monetario, destinata probabilmente a diventare la più cantata sotto il palco e uno scherzoso invito a riscoprire le tradizioni di qualche anno fa, (“La vera fregatura della moneta unica non sono mica queste mani vuote/  È la gente che ha paura di scrivere una dedica, un aforisma sulle banconote”) e per il malinconico addio di una coppia che si è persa in un gomitolo di strade in Mi resterà il tuo nome.

“Umani, troppo umani” direbbe qualcuno, ma in questo album c’è spazio per ognuno di noi, anche per Una razza di giganti che non ha trovato posto sull’Arca di Noè.


 

 

 

 

 

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Emanuele Colandrea
  • Anno: 2018
  • Durata: 38:36
  • Etichetta: Goodfellas

Elenco delle tracce

01. Banksy
02. I sistemi binari
03. In linea d’aria
04. L’America è una truffa
05. Per andare dove
06. Status quo
07. Stachanov
08. Trattato monetario
09. Il sistema tolemaico
10. Mi resterà il tuo nome
11. Una razza di giganti

Brani migliori

  1. Status Quo
  2. Trattato monetario
  3. I sistemi binari

Musicisti

Valerio Manelfi: basso -  Giuliano Bastianelli: chitarre elettriche -  Matteo Scannicchio: pianoforte in “Stachanov” - Carmine Pagano: trombone - Andrea Ruggiero: violini -  Luca Balsamo: fonico -  Giancarlo Barbati: chitarra elettrica in “Status quo”