Girolamo De Simone
Si parte dalla lettura, attenta e meditata, di diversi volumi, alla quale si affianca la fascinazione per luoghi, Assisi, La Verna, Gerusalemme, che oltre ad una indubbia attrazione sensoriale trasmettono un’intensa carica spirituale; se poi questo cocktail di esperienze culturali viene vissuto da un artista che, oltre che ad essere musicista è anche, per sua stessa definizione, un agitatore culturale, il risultato non è certamente inquadrabile a priori.
La quasi trentennale carriera di Girolamo De Simone lo ha portato a scrivere diversi libri ed a pubblicare numerosi album, il tutto all’insegna di una appartenenza, spontanea, a quell’area culturale che, in perenne movimento e dunque in perenne mutazione, viene genericamente (e forse per carenza di termini più precisi) definita “avanguardia artistica”; definizione certamente vaga, sia sintatticamente che concettualmente, ma che in ogni caso almeno qualche dato sufficientemente certo lo propone: avanguardia dunque sperimentazione, ricerca del nuovo, reinterpretazione, sviluppo.
In questo senso va letta la nascita di questo album, Inni e antichi canti, in cui il pianista napoletano va alla ricerca delle sensazioni provate durante le esperienze culturali sopra descritte e ad esse giustappone una serie di brani che, nel proprio intendimento, cercano di esserne colonna sonora, commento musicale, con l’obbiettivo di sottolinearne, attraverso la melodia, le caratteristiche più intime.
Utilizzando uno strumento storicizzato, come il pianoforte ed uno meno consueto ed appartenente ad un mondo sicuramente più “antico”, la spinetta, De Simone compone ed esegue i dodici brani di questo lavoro con l’obbiettivo di evocare, nell’ascoltatore, le medesime sensazioni da lui provate: non le stesse, che sarebbe velleitario e poco realistico, ma quelle più o meno simili che luoghi e letture possono suscitare presso un pubblico che riconosca questa sensibilità come patrimonio proprio, importante, da conservare e, se possibile, stimolare continuamente.
Proprio in quest’ottica va letta la “sacralità” di alcuni fra i titoli dei brani, non tanto un richiamo ad una qualche religione, ma un avvicinamento al concetto di religiosità, fattore che interessa certamente di più l’aspetto dello spirito, e della spiritualità, che non l’aspetto celebrativo o strutturale di una religione intesa in senso dogmatico.
L’album scorre attraverso atmosfere rarefatte, prevalgono i toni della meditazione, difficilmente l’approccio si spinge al di là di una rilassata pacatezza, proprio perché lo stimolo maggiormente ricercato non è quello dello stupore o dell’impressione, ma quello della percezione, cioè il cogliere, attraverso piccolissimi e solo accennati dettagli, immagini e sensazioni più estese.
Un lavoro da ascoltare più con lo spirito che con l’orecchio, e da assimilare con molta calma e con una certa predisposizione d’animo.
01. L’inno di Giovanni
02. Dominus dixit ad me
03. Maria autem conservabat (vers. pianoforte)
04. Variatio moran
05. Nuovo salmo
06. Organetto sul Somma-Vesuvio
07. Variatio suhlàfo
08. Antico canto siriano
09. Salmo 77 introitus
10. Maria autem conservabat (vers. spinetta)
11. Ingressa del giovedì santo
12. Organza
Girolamo De Simone: pianoforte Steinway & Sons 498258, spinetta Neupert mod. Silbermann