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Franco D’Andrea Octet

Intervals I

Dopo aver riunito l’ormai longevo trio con Mauro Ottolini e Daniele D’Agaro col quartetto, di ancor più lungo cabotaggio, con Andrea Ayassot, Aldo Mella e Zeno De Rossi, venendo così a comporre un sestetto completato ovviamente dal suo pianoforte, averci inserito ospiti vari e aver partorito in tal modo opere nelle più disparate combinazioni, all’indomani del suo settantaseiesimo compleanno, lo scorso (nel senso di 2017) 21 marzo Franco D’Andrea ha deciso di raccogliere sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma un ottetto in cui ai suddetti sei musicisti si sono aggiunti il chitarrista Enrico Terragnoli, già partner, fra gli altri, di Ottolini e De Rossi, e Andrea Roccatagliati, in arte DJ Rocca, già con lui e Ayassot in “Trio Music Vol. I” (2016), inciso come Franco D'Andrea Electric Tree.


Tutto ciò può dare un’idea sia pur minima di come il pianista meranese (ma da svariati decenni milanese d’adozione) stia lavorando, ormai da una buona decina d’anni, a progetti convergenti e divergenti al tempo stesso, ruotanti attorno a un gruppo di fedelissimi cui si unisce di volta in volta qualche faccia nuova. L’ottetto in questione frulla infatti assieme almeno quattro diverse entità, come si sarà colto: trio, quartetto e sestetto, tutti acustici, e appunto Electric Tree. Non è quindi un caso che la prima volta che ce ne parlò, un annetto fa, D’Andrea ne fosse così orgoglioso. Il disco, ci disse, sarebbe uscito dopo aver lasciato il giusto respiro all’ultimo di una serie del resto piuttosto febbrile come quella intrapresa ormai da un po’, dopo qualche anno di rallentamento, e così è stato. Ecco dunque questo Intervals I, con dentro appunto il concerto al Parco della Musica, nonché primo di una coppia di cd ancora una volta sfalsati, come uscita. Il secondo conterrà brani registrati durante le prove tenutesi il giorno del concerto e quello precedente.

Entrambi i volumi ci vengono descritti come “un’indagine serrata sull’elemento più piccolo dell’organizzazione musicale: l’intervallo”, attraverso composizioni vere e proprie alternate a improvvisazioni collettive, peraltro sempre in possesso di un invidiabile senso della forma (nonché rispettose dell’assunto intervallare di cui sopra). “Per passare da un brano all'altro – spiega D’Andrea – usiamo dei segnali musicali che chiunque può dare. Nel concerto è avvenuto in maniera naturale. In studio, invece, ho voluto che fosse registrato tutto, anche le prove e le cose più bizzarre”. Quello intervallare, aggiunge il pianista, “è un sistema che permette una grandissima libertà espressiva ai musicisti, liberandoli da ogni altro sistema di riferimento e garantendo al tempo stesso un’estrema coerenza, non astrattamente intellettuale, ma sonora”.

Come si traduce, tutto ciò, in concreto? Il brano d’avvio, come del resto svariati di quelli che seguono, vede in scena il solo D’Andrea. Il gruppo segue a ruota, senza fretta, e pure il secondo episodio, una composizione (i quattro Intervals costituiscono altrettante improvvisazioni), parte a sua volta sulle marce basse, ma poco per volta la musica inizia a macinare, ribadendo una volta di più la sua indole squisitamente collettiva. La componente elettrica inizia a prender piede nella terza traccia, bifronte, tra improvvisazione e scrittura. Il fatto che le differenze che si colgono siano veramente minime testimonia della riuscita dell’operazione. Contrabbasso solo in avvio di A4+m2, con sviluppo corale in cui si segnala un ottimo D’Agaro. E’ invece ancora il solo D’Andrea a coprire brillantemente la prima metà di Air Waves, che poi si espande collettivamente, in felice equilibrio fra le varie forze in campo, che si fanno via via vociferanti e piene.

Qualche ripetitività di troppo si coglie per contro nell’episodio che segue, ancora bitematico, in avvio persino involuto ma capace di riscattarsi nel finale. Notevole, infine, la coppia di brani che chiude il cd, Traditions N.2, sempre con prologo pianistico e un successivo incedere corale che ci ricorda uno dei maestri più amati da Franco D’Andrea, Charles Mingus, laddove il conclusivo Intervals 4 è (fisiologicamente) più libero, vociferante, pur senza eccessi di sorta, sorvegliato e composto, in felice crescendo.

Ora ci toccherà aspettare cosa ci dirà di nuovo e di diverso il secondo volume della saga. Che, come si sarà intuito, ha tutta l’aria, chiuso questo dittico, di continuare ancora a lungo.   

Foto di Alberto Bazzurro
(nell'ordine, dall'alto verso il basso,  D'Andrea, De Rossi, Ottolini, Ayassot, Mella, D'Agaro)

 

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Fondazione Musica per Roma
  • Anno: 2018
  • Durata: 75:24
  • Etichetta: Parco della Musica

Elenco delle tracce

01. Intervals 1
02. Afro Abstraction
03. Intervals 2 / m2+M3
04. A4+m2
05. Air Waves
06. Intervals 3 / Old Jazz
07. Traditions N.2
08. Intervals 4

 

Brani migliori

  1. Air Waves
  2. Traditions N.2
  3. Intervals 4

Musicisti

Mauro Ottolini: trombone  -  Daniele D’Agaro: clarinetto  -  Andrea Ayassot: sax alto e soprano  -  Franco D’Andrea: pianoforte  -  Enrico Terragnoli: chitarra  -  Aldo Mella: contrabbasso  -  Zeno De Rossi: batteria  -  Luca Roccatagliati: elettronica