Marlò
È possibile spingerci insieme oltre i confini del tempo / come certe idee come le maree come le promesse (Niccolò Fabi, La Promessa)
Uno stappo, il bicchiere si riempie di fremiti gustosi, poi tintinna. È il brindisi etereo, il vocalizzo d'esordio di Federica Di Marcello, in arte Marlò, che il 13 maggio pubblica il suo primo disco Intro. Dopo aver percorso i viali rossastri dell'artigianato musicale nostrano – da Musicultura ad Area Sanremo, da Lunezia a Botteghe d'autore – la cantautrice pescarese ha deciso di incidere i suoi undici brani per lasciare un'impronta calda, un piede affondato sul bagnasciuga, un primo passo che non si dimentica.
Intro mescola delicati passaggi soul a decisi graffi blues e chiazze colorate di canzone d'autore. C'è l'ultimo Niccolò Fabi – ma anche il primo e quello di mezzo – nei cori rarefatti e nell'atmosfera di solitudine in cui è stato confenzionato (alle Cantine di Giovanni Sala all'interno del Castello di Badìa di Nicola Dei, magnifico posto immerso nelle colline toscane). C'è il taglio femminile – Marina Rei in qualche passo di Il salice, ad esempio – che si riconosce nella sensibilità dei versi e nella delicatezza con cui vengono maneggiati: "pensa che destino strano fare il bicchiere, di mille bocche e lingue il sapore trattiene ma di nessuna conserva il ricordo, e nessuna mai gli apparterrà".
Un'adorabile risata spegne Un sogno bellissimo, prima traccia cantata, abbraccio a un ricordo forse mai vissuto, cenno a uno dei temi portanti dell'album, l'amore, vero lume della vita. L'amore tormentato – e quale non lo è? – quello finito, quello disturbante di La donna di scorta – qui si esalta la cifra canora ed estetica di Marlò – quello sperato e vissuto "in un'altra epoca" di Deja vu, quello "vigliacco" e forse immaginato di Via borsi. Eccolo il pezzo più ritmato – e più riuscito – del disco. Le chicche del testo brillano su un battito melodico e armonico avvolgente, che racconta con disincanto la storia di una mente avvilita dalla mancanza, che sfoga le perdite in grida dissennate e in fondi di bottiglia: "voce di donna, voce di danno", "chissà quanto rumore c'è dopo il liquore". È un pop piacevole e sensuale quello di Marlò, è un pop autoprodotto dove passaggi fluidi intasano l'orecchio – "mente la mia mente su ciò che sente inconsciamente" – e salite fatte di ipnotiche aritmie giocano col cuore. I ticchettii astrali di L'ultima notte sulla terra – unico singolo del disco – fanno da contraltare ai palpiti tribali di Il pozzo nell'anima, in cui l'intimismo si fa lirica, psicologia dell'abbandono e terra sugli occhi. "La semplicità è la raffinatezza della profondità", scriveva Alda Merini. Per Marlò la profondità conta almeno quanto l'essenzialità soffice di testi, idee, e musica.
L'amore è incontro, l'incontro è tempo, il tempo è vita, la vita è incontro. Arte dell'incontro. Ecco allora che si scioglie nel fluido argenteo che ricopre il disco il tema di Deja vu, dove il sentimento si lega a doppio filo con il tempo e disegna Orfeo in cerca dell'isola serena, dove tornare per amare la sua Euridice un'ora in più.
Intro è un disco scritto tra bocca e sterno, tra labbra e cuore, è un mix sincero di umiltà e malinconia – "ho trovato nell'abbandono le mie verità" – è come "lanciarsi giù nel vuoto sapendo di non farsi male".
Foto di Niko Giovanni Coniglio
Makeup e body painting di Stefania Epifano
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http://www.marlomusic.it/
01. Intro
02. Un sogno bellissimo
03. La donna di scorta
04. Via borsi
05. L'ultima notte sulla terra
06. Il pozzo nell'anima
07. La mente mente
08. Come i fiori a maggio
09. Il salice
10. Deja vu
11. Outro
Marlò: voce, cori, pianoforte in Come i fiori a maggio - Michele Cocciardo: batteria, percussioni - Giuseppe Chiara: chitarre, basso, synth - Francesco Fugazza: moog, campionamenti, cori