ultime notizie

Lilith Festival: Genova tra pop, rock ...

di Alberto Calandriello Periodo di intensissima attività per l'Associazione Culturale Lilith, punto di riferimento per la cultura a Genova ed in Liguria, che da pochi giorni ha dato il ...

Roberto Vecchioni

Io non appartengo più

Una corsa colta e poetica, guidati da lui, esperto di Storia e sentimenti, che sono le sole due cose a segnare davvero il passaggio dell'uomo su questa terra. Una riflessione amara, disincantata, dove ogni precedente simbolo di certezza e segno di riferimento ha cessato di mostrarsi, e probabilmente di esistere.

In questo Io non appartengo più, a settantanni, Roberto Vecchioni si siede in poltrona al centro di un ring (in copertina), circondato - e protetto - da ciò che ama (libri, arte e parole) ci racconta perché si è stancato di questo mondo e perché è, comunque, sempre in lotta con esso. Combattivo, anche se disincantato; dall'animo forte, anche se stanco; ancora innamorato della vita, anche se la morte e la malattia le ha dovute guardare in faccia. E, ci canta, ha vinto lui.

Esodo, il brano di apertura, è Edipo che deve avviarsi verso la morte e non vuole partire; tarda a lasciare il mondo, e trova conforto e sogno solo “nelle parole, che non hanno confini, non hanno età”. Gli attimi alla fine della vita sono il centro anche per il brano Il miracolo segreto (ispirato ad un racconto di Borges) in cui nell'ultimo istante si vorrebbe fermare il tempo, perché non si è mai pronti, c'è sempre qualcosa di lasciato indietro, da finire o tornare a sentire, parole da riscrivere o “baci da riprovare tutti bocca per bocca uno ad uno”; e per Stelle dove un vecchio capitano di mare, abbattuto nell'animo, dopo aver per anni navigato sotto la guida fedele e protettrice delle sue stelle, ora si sente perso, alza lo sguardo e non trova più risposte. A chiudere il quadro c'è Così si va, una dolce consapevolezza che a vincere su Dio, la morte, gli addii, è sempre l'Amore “ci si innamora dell'amore, il solo disperato vivere che hai”.

L'amore, quello che salva e redime, è il nodo attorno al quale si intrecciano i brani Sei nel mio cuore, Come fai? e Sui ricordi, quest'ultima meravigliosa lettera aperta alla donna che lo accompagna da sempre, alla quale il Professore chiede di ricordarlo, quando sarà il suo momento, non per i trionfi o le celebrazioni di una vita da artista, ma solo e soltanto per i giorni in cui lei gli ha tolto l'armatura, lo ha salvato, e gli ha dato una direzione, “ricorda quando ti ho perduto, ricorda quando son caduto, ricorda quando mi hai tenuto appeso al mondo con un dito”; tanto vicina nell'intensità ad un altro brano del Professore del 2002, Il lanciatore di coltelli (non confondermi mai col vento e le stagioni...).

E il canto di una donna, la sua, si fa canto delle Donne in Le mie donne (brano pensato e dedicato alla sua amica Franca Rame) perché “uniscono passione e sentimento in maniera molto più coerente di noi maschi”; come sua figlia e la sua compagna, Due madri, dove Vecchioni canta semplicemente il diritto di amarsi e di amare e, da nonno, sussurra alle orecchie di Nina e Cloe, le sue nipotine, di non aver paura per la vita che hanno davanti. Il brano che chiude questo ideale triangolo sulla figura femminile è Wislava Szymborska, una delle autrici più significative del Novecento, a cui Roberto dedica una toccante poesia d'amore e d'amicizia “e quando canti imparo che siamo nella storia, come un'anomalia, costretti alla memoria”.

E poi Io non appartengo più e Ho conosciuto il dolore. L'una manifesto del disco, amara presa di coscienza dell'esistenza di un mondo troppo lontano da quello per cui ci si è battuti tutta la vita; l'altra, struggente grido di forza e coraggio, lotta e vittoria. La prima, ad abbassare le braccia come ad arrendersi, la seconda a rialzarle stringendo i pugni. E la bellezza sta nella totale mancanza di distanza tra queste due anime (che invadono tutto l'album), non c'è conflitto, c'è solo il semplice racconto dell'essere Uomini: forti, combattivi, spavaldi; fragili, disperati, e quasi sempre soli.

Dodici brani per un album ricco di suoni, melodie, arrangiamenti curatissimi e che vedono a fianco di Vecchioni tre musicisti che lui conosce - e che lo conoscono - molto bene. A partire da Massimo Germini, fedele e straordinario chitarrista (suona molto bene anche il bouzouki) che Roberto vuole accanto a se, oltre che in studio, in ogni pubblica occasione “acustica”, a Roberto Gualdi, talentuoso batterista che passa facilmente da collaborazioni dal mood progressive-rock (citiamo PFM su tutte) fino ad arrivare a Lucio “violino” Fabbri, ormai vero marchio di fabbrica di Vecchioni. Un polistrumentista davvero unico nel panorama italiano che da quel 1975, anno in cui iniziò a collaborare con Finardi, ha attraversato quarant’anni di musica italiana incidendo fortemente nei suoni e negli arrangiamenti (ma spesso anche producendo) di artisti come Fortis, PFM, De André, Dolcenera, Massimo Ranieri, Ron, Milva, Giorgio Faletti e moltissimi altri tra cui appunto il professore di Milano. Un gruppo di lavoro capace di creare un suono e un “ambiente” giusto per vestire al meglio la vena creativa di un fiume in piena quale è - ancora oggi - Vecchioni.

Io non appartengo più è infatti un album ispirato, come si dice di solito quando in un lavoro si sente l'urgenza che l'artista aveva di mettere in parole le sue (e le nostre) emozioni. C'è la morte da guardare in faccia e sfidare, il dolore struggente da sopportare e battere, la perdita, la paura, l'attesa, il tempo che finisce, e l'Amore che salva. Due bambine, dalle quali farsi prendere per mano ad indicare la via, sogni ancora da immaginare, la vita davanti da amare molto e di più di quella passata, la rabbia, la luce e il calore che dà la poesia, le parole, sì ancora e sempre loro a salvare dal buio, le stelle e Dio che non si vedono più, la strada smarrita, e l'Amore che solleva e cura. La miseria dell'uomo da dimenticare, la stanchezza e gli occhi che non vogliono vedere, i figli, i segni prima nitidi e ora dispersi, l'abbandono, e l'Amore che è bellezza e sogno.

C'è il sentirsi lontano da un mondo che non si riconosce più eppure, mentre ci si allontana, continuare a lasciare uno spiraglio alla porta che si è appena chiusa dietro le spalle. “Io non appartengo e lascio lo spiraglio alla mia porta, solo, quando vieni, fallo con l'amore di una volta”.

0 commenti


Iscriviti al sito o accedi per inserire un commento


In dettaglio

  • Anno: 2013
  • Durata: 56:43
  • Etichetta: Universal Music

Elenco delle tracce

01. Esodo

02. Le mie donne

03. Il miracolo segreto

04. Sei nel mio cuore

05. Sui ricordi

06. Ho conosciuto il dolore

07. Stelle

08. Così si va

09. Wislawa Szymborska

10. Due madri

11. Come fai?

12. Io non appartengo più

Brani migliori

  1. Ho conosciuto il dolore
  2. Due madri
  3. Io non appartengo più

Musicisti

Lucio Fabbri: pianoforte, tastiere, chitarra elettrica, basso, violino, viola, mandolino  -  Massimo Germini: chitarra classica e acustica, bouzouki  -  Roberto Gualdi: batteria e percussioni   L'orchestra   Roberto Izzo: violino  -  Carlo Emanuele Patti: violino  -  Raffaele Rebaudengo: viola  -  Stefano Cabrera: violoncello  -  Daniele Moretto: tromba  -  Laura Magistrelli: clarinetto