Ultimo Attuale Corpo Sonoro
Uno schermo nero, come le notti “rivoltate” e madide dell’irrompere di pensieri ciechi e di urla dilanianti ora delle viscere, ora della coscienza indignata; su di questo l’accamparsi inquietante di vampe di suoni, tra chitarre brucianti e ipnotiche, note di piano che sgocciolano amare ed eleganti come liquore (v. il semplice, magnifico affresco strumentale del «desiderio del rimpianto» e del «rimpianto del desiderio» di Casablanca, ispirata all’omonimo scritto di Marc Augé) e ritmi che sono marce perentorie di inferni personali, di morte morale o morti civili, indifferenti e impunite in un’«era di golpe bianco di rose» (Tessera P2# 1816).
Questo appare il secondo lp dei veronesi Ultimo Attuale Corpo Sonoro (U.A.C.S.), dalla forte, impressionante impronta teatrale; l’indugio letteralmente introverso del post-rock incorpora la raffinatezza appassionata di selezioni letterarie da reading (v. ad esempio Della tua bocca, ispirato all’incipit del Tropico del Capricorno di Henry Miller, con crescendo inquieti ed inesorabili e inserti spettrali di piano elettrico), la delirante forza del grido di un “profeta” isolato e fulminei highlights della cronaca italiana e internazionale, laddove la politica si sporca del sangue della complicità e di trame occult(at)e.
I bassi affondano a volte le loro ombre nel post-punk revival, o più precisamente quasi nella dark-wave, fin dentro le prigioni infernali dei suoni dei Bauhaus, mentre le chitarre sanno ringhiare stranianti, oscillando tra le impennate laceranti dei Massimo Volume, il ruggire cupo del serrato noise-rock del Teatro degli Orrori e dei loro cambi di ritmo e talvolta persino le malinconie elettriche per arpeggi e distorsioni un po’ figlie dell’alternative dai Radiohead in su. Buona parte di questi caratteri convivono ad esempio nelle chitarre dell’esplicita, coraggiosa denuncia di Tessera P2# 1816.
Gianmarco Mercati, dal canto suo, nella recitazione e nel lirismo allucinato e straziato delle sue parole rammenta ancora Emidio “Mimì” Clementi.
Il progetto degli U.A.C.S. è complesso, fino a sconfinare talora nel pretenzioso, ma la messa in scena dei veleni che scorrono nella storia collettiva e nel «colore della propria ferita» (Mio sole dei morenti) dona anche ai momenti più ermetici o a quelli drammatici, da tesa predicazione nel deserto, una carica ulcerante unica che attorciglia lo stomaco.
Potremmo raccontarvi i loro “allestimenti musicali” sugli addestramenti militari dei golpisti e sulla «guerra non dichiarata» delle multinazionali (Undici settembre millenovecentosettantatrè), sulla stanchezza del tempo di Non ora, non qui di Erri De Luca (tradotto in musica in un’interpretazione rabbiosa forse a lui poco consona), sul «valore dei giornalisti precari» rappresentati da Giancarlo Siani (Fortapàsc) e tanto altro ancora, ma questo è un album che, per essere compreso, va ammirato in quel suo proiettare parole e note atroci e dolorose.
Magari va ascoltato però a piccole dosi, perché mancano facili, rassicuranti, ma anche necessarie vie di fuga, che scavino un pertugio per la luce nell’oscurità della «rabbia» e nell’«impero del male». E ogni tanto bisogna uscire/venire alla luce, oppure anche al disgusto o alla provocazione suscitata da brani come questi ci si assuefa e si coglie solo la ritmicità abrasiva dello spoken che si perpetua uguale a se stessa.
01. L’impero del male
02. Flight Data Recorder
03. Della tua bocca
04. Non ora, non qui
05. Fortapàsc
06. Undici settembre millenovecentosettantatré
07. Casablanca
08. Mio sole dei morenti
09. Non tacciano i canti
10. La ballata di Itamar
11. Tessera P2# 1816
12. Io ricordo con rabbia
Fabio Ridolfi: batteria, percussioni, cori collettivi Marcello Marchiotto: basso, cori collettivi Giacomo Zorzan: chitarre, cori collettivi Matteo Sorio: chitarre, pianoforte, piano elettrico, violino, percussioni, cori, sovraincisioni in post produzione Gianmarco Mercati: voce, testi