Lingalad
La vena narrativa “Tolkieniana” dei Lingalad non pare essersi affatto esaurita anche se con questo nuovo lavoro, La Locanda del Vento, la band non si relaziona più direttamente con il concetto di saga, ma va a cogliere, nel dettaglio, alcuni aspetti particolari della narrazione favolistica.
Il “topos” letterario fondamentale è la presenza della locanda, crocevia di uomini, di storie, momento di pausa, di convivialità, in cui il dialogo diventa confidenza, condivisione. Nella locanda nascono, si sviluppano, si modificano le narrazioni, diventano leggende, racconti da esporre magari davanti al fuoco, quando fuori il freddo è pungente e la notte è già fonda.
L’altro personaggio, il vento, è il messaggero veloce e silenzioso, presente ma non visibile, è colui che, nell’immaginario popolare, trasporta queste storie e le deposita in senso figurato nella memoria delle persone; viene considerato una sorta di sentinella che, transitando attraverso le terre, riporta gli echi degli avvenimenti e ne fornisce la cronaca.
La presenza contemporanea di questi due soggetti connota in maniera importante l’approccio musicale dei Lingalad, fondamentalmente un gruppo acustico con venature folk, che non si limita però a sviluppare l’idea di ballata, che del folk è espressione preminente, ma riesce a variare la proposta musicale inserendo ritmiche differenti, mutuate anche dal rock e dalle danze popolari.
La band orobica raccoglie dunque le numerose suggestioni della propria terra, delle valli e dei “villaggi” che ancora le popolano, unisce ad esse la passione per la narrazione favolistica e l’amore per i paesaggi nordici, fotografando, attraverso il proprio estro artistico, un mondo che, quasi miracolosamente, resta perennemente in bilico fra una realtà vissuta direttamente e le visioni quasi oniriche ispirate dai racconti. Sono territori in un certo senso “liquidi”, in cui la fantasia e la realtà si incontrano, si sovrappongono senza regole fisse, lasciando all’immaginazione ed all’estro artistico il compito di tracciarne i, seppur vaghi, confini, con la musica e con le parole.
01. Il profumo del tempo
02. Gli occhi di Greta
03. Il colpo e la cura
04. Toni il matto
05. Il mio nome
06. La pietra di Erice
07. Dono di Maggio
08. Lio
09. Aria oltre le stelle
10. I boschi della luna
11. L’abbraccio del noce
12. Alice
13. Madre mia
14. Nella pioggia
15. Il mio nome
Giuseppe Festa: voce, chitarra, flauti Fabio Ardizzone: basso Giorgio Parato: batteria, chitarra, pianoforte Claudio Morlotti: chitarra, strumenti etnici ed antichi Davide Camerin: voce Gianni Musy: voce Davide Perino: voce Roberto Scola: fisarmonica Francesca Cazzulani: voce Sara Romoli: voce