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Giorgio Laneve

La mia più bella storia d’amore sei tu

Quasi una vita (e credeteci, non è un modo di dire) è passata dall’ultimo lavoro discografico di Giorgio Laneve, sicché consentiteci un piccolo bignamino ad uso dei giovani virgulti. Laneve colse un piccolo successo nel 1970 con il singolo Amore dove sei, un risultato che poi negli album successivi, snocciolati fino al ’77, faticherà a capitalizzare, rimanendo un po’ schiacciato tra la primissima leva dei cantautori alla Endrigo, Paoli e compagnia (cui una certa delicatezza di suoni e un’interpretazione malinconica potevano accostarlo) e la seconda, che si afferma dal ’72-’73 in poi e che accompagnerà con ben altro passo le irrequietezze di quella generazione.

Non a caso, almeno per chi scrive, i suoi lavori che hanno resistito meglio al tempo restano i due album un po’ “eccentrici”, scritti per i bambini, cioè Viva fantasia (‘75) e Accenti (’77), nonché alcune belle intuizioni melodiche come Metempsicosi del ’71, che ha avuto una curiosa e inaspettata ripresa in chiave rap nel 2009 ad opera di Raige con il titolo “L’unica”.

E’ rimasto, quindi, un cantautore di strettissimo culto, anche perché dopo un ultimo 45 giri del 1980, fa celestinamente il gran rifiuto e si ritira dalla scene. Cosa è successo dopo lo spiega in poche righe la presentazione che troviamo all’interno di questo La mia più bella storia d'amore sei tu con cui, la bellezza di 36 anni dopo, Giorgio Laneve si ripresenta alla scena musicale: laureato in ingegneria elettronica (laurea non banale per un cantautore di quegli anni, ne converrete), si dedica alla professione, fino a diventare un apprezzato manager. Poi, di nuovo scatta la scintilla: la musica torna a reclamare il suo giusto spazio e Laneve, come un Wakefield qualunque, riparte da dove si era fermato. Così almeno recita ancora la presentazione non firmata, scritta in terza persona, ma, sospettiamo, opera dello stesso Laneve, non fosse altro per quella definizione della musica come “silente antico amore”, con quel lessico aulico e ricercato.

Il disco, pubblicato, tra l’altro, dalla Universal (e anche questo non è un fatto banale), appare davvero sospeso nel tempo. E’ un lavoro che, per tematiche, scelte melodiche e armoniche, stile di scrittura dei testi e riferimenti, avrebbe potuto benissimo essere uscito nel 1970, o giù di lì, quando ancora la scuola francese degli chansonniers era un’influenza dominante nella canzone d’autore, e prima che venissero i songwriters americani a sparigliare le carte, ribaltare il tavolo e vincere tutto. E’ questo, in sintesi, il pregio e anche il limite di un lavoro che, se potrà accarezzare le orecchie dei vecchi nostalgici (o almeno quelli per cui la canzone d’autore è finita con il De Andrè di Vol.3 o poco dopo), potrà forse risultare polveroso agli altri.

A quest’ultimi, però, diciamo che sotto la polvere, scava scava, qualcosa da tenere caro, in questo lavoro, c’è. Per esempio la rilettura in italiano di alcune canzoni di Barbara, una grande signora della chanson française, purtroppo pochissimo frequentata e ancor meno valorizzata in Italia (chi scrive ricorda solo un coraggioso spettacolo di diversi anni fa di Patrick Rossi Gastaldi, e poco più). Problemi di genere, in un mondo, quello dei cantautori prevalentemente maschile (sintetizzabile nella formula “uomo-canta-uomo”), o forse una personalità e una vocalità così forte e unica come Barbara era davvero difficilmente replicabile. Se, potete, recuperate la sua autobiografia “Il était un piano noir”, mai tradotta in italiano (come volevasi dimostrare…). C’è da dire che Laneve un occhio di riguardo per Barbara l’ha avuto fin dal lontano ’73, quando ne tradusse un pezzo, sicchè, signori, tanto di cappello. Questa volta Laneve si cimenta, tra l’altro, con due cavalli di battaglia di Barbara come quello che dà il titolo all’album o quella perla che è Il male di vivere (“Le mal de vivre”).

In mezzo, un paio riletture di un altro autore francese un po’ desueto come Georges Moustaki (e, per una volta, non il solito Straniero), qualche ripescaggio (come Botta e risposta, inedito del ’74 e C’era una volta, tratta dal secondo disco per bambini, quello del ’77), un brano ispirato da una poesia di Pascoli, e brani autografi che lambiscono ancora la canzone francese, con una preferenza per le ballate medievaleggianti.

Qua e là riaffiorano melodie già sentite, ma, visti i presupposti, fa parte del gioco.

 

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Giorgio Laneve
  • Anno: 2016
  • Durata: 45:00
  • Etichetta: Universal

Elenco delle tracce

01. Lillà
02. La mia più bella storia d’amore sei tu
03. Morvan
04. La solitudine
05. Gli amici del signore
06. La dama bruna
07. Mia radice
08. La leggenda del buon pastore
09. Il vertice
10. Tua figlia ha vent’anni
11. Il male di vivere
12. Botta e risposta
13. C’era una volta

Brani migliori

  1. Il male di vivere
  2. La mia più bella storia d’amore sei tu
  3. Il vertice

Musicisti

Giorgio Laneve: voce, chitarre, cori  -  Gianni Bobbio aka Bobby Johns aka Shar: chitarre, tastiere, programmazione, flauto, flauto basso, oboe, fisarmonica, cori  -  John Raimonds: basso  -  Franco Barbera: pianoforte  -  Katia Mirabella: voce solista e coro: Arianna Sacchi: voce  -  Bruno Tripoli, Alessandro Vescovi, Marco Varisco, Antonio Papetti, Antonietta La Donna, Agnese Papetti: sezione archi