Sergio Caputo
Sergio Caputo non è assolutamente il primo cantautore italiano a provare l’esperienza del “Bootleg d’autore”; anni fa addirittura De Gregori si era sperimentato in questo tipo di lavoro. La riuscita di un’esperienza simile si fonda sulla “verità” musicale e sul valore professionale dei musicisti che sul palcoscenico fanno dell’esperienza live un’attività di “recording”, senza le regole fisse dello studio e tantomeno quelle a volte più rigide di una registrazione dal vivo voluta, cercata e studiata. Ebbene, il prodotto confezionato dal quintetto dell’ormai “italo/americano” Sergio Caputo è essenzialmente spontaneo e riflette i rituali di un live tra amici, dove non bisogna “dimostrare” assolutamente nulla che da noi sia universalmente riconosciuto, dove il valore è affermato a priori e l’artista non deve eccedere in spesso inutili virtuosismi, ma si deve “genialmente” sostenere sulle essenziali doti qualitative che ha saputo dimostrare negli anni, spaziando con la sua musica dallo swing al jazz più puro, grazie, ultimamente, anche alla frequentazione dei molti locali americani.
Avevamo già ascoltato un suo disco live circa 22 anni fa: Ne approfitto per fare un po’ di musica. Il nuovo progetto La notte è un pazzo con le mèches (titolo che riprende una frase del brano Anche i detective piangono contenuto in Storie di whisky andati), inizialmente pensato esclusivamente solo per la distribuzione in rete, ha visto l’uscita su supporto tradizionale proposto in busta di cartoncino che si può trovare nei concerti dell’artista romano. L’album ripercorre i maggiori successi da Italiani mambo a Non bevo più tequila, passando per Un sabato italiano e fino a Il Garibaldi innamorato. È così che si ripresenta al suo pubblico un artista che negli ultimi anni aveva abbandonato le sue vesti tradizionali per dedicarsi al jazz, durante i suoi lunghissimi soggiorni americani (iniziati ancor prima del suo definitivo trasferimento in California) e le illustri frequentazioni/collaborazioni (Dizzy Gillespie, Lester Bowie, Tony Scott - tutti artisti che ci hanno abbandonato -). Bisogna dire che il jazz è sempre stato un abito portato elegantemente dall’artista romano che calza bene anche in questo lavoro dal vivo, dove le musicalità del genere fanno capolino, o addirittura prevalgono in molti dei pezzi scelti, anche se apparentemente possono essere più ricondotti al blues e allo swing, genere in cui il nostro si è dimostrato maestro, sapendo coniugare i ritmi con testi che, anche se col sorriso sulle labbra, non si sono dimostrati mai banali.
Registrare dal vivo senza “volontariamente volerlo” sembra abbia voluto significare tornare alla genuinità della musica di un tempo, senza costrizioni di alcun genere, dove anche gli altri membri della band si sono saputi integrare come attorno a un piccolo gruppo di amici, stile cantine di New Orleans o per dirla alla nostra, come ritrovandosi al Folk Studio, ad esempio. Potremmo definire le sonorità come “tranquillamente rilassate”, in compagnia di amici dove se ci si mette ad improvvisare nessuno si sconvolge, anzi quasi se lo aspetta: è questo che accade anche in questo lavoro.
01. Baygon Street
02. Ma che amico sei
03. Io e Rino
04. Brioche cappuccino
05. Blu elettrico
06. L'astronave che arriva
07. Il Garibaldi innamorato
08. Italiani mambo
09. Spicchio di luna
10. Bibidin babidin bibidi boom
11. Un sabato italiano
12. Bimba se sapessi
13. Mercy bocù
Sergio Caputo: voce e chitarra Giulio Visibelli: sax e flauto Paolo Vinello: tastiere e piano Edu Hebling: basso e cori Mauro Beggio: batteria