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Filippo Andreani

La prima volta

“Allora, c’era questo pettirosso, piccolo che lo tenevi nel pugno della mano, ma con le sue idee che nessuno riusciva a togliergliele dal capo. Voleva volare in qua e in là a vedere il mondo, becchettare dove c’era da sfamarsi, e non gli piaceva per nulla che gli avessero assegnato il suo posticino e morta lì.” (da Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani). Succede ad un certo punto che questo uccelletto prende tutto il coraggio che ha e chiede al falchetto il permesso di poter volare libero senza restrizioni, il quale, oltre a negarglielo, lo ferisce ad un’ala e lo sottopone alla derisione di tutti gli altri volatili.

Succede poi che Filippo Andreani, cantautore comasco, legge in un momento personale di particolare sconforto e sfiducia il romanzo da cui è tratto il passaggio citato su sollecitazione dell’amico Marino Severini e ritrova il coraggio di quel pettirosso, piccolo ma rompipalle, e con esso la sua storia e torna finalmente a volare. E lo fa ricominciando da se stesso, ripensando ad un nuovo inizio con la pubblicazione del suo terzo album dal titolo La prima volta, uscito il 30 Gennaio 2015 per Mastermusic, una data assolutamente non casuale e anzi fortemente voluta, dopo i suoi due precedenti lavori, il concept album La storia sbagliata e i suoi scritti corsari Scritti con Pablo, che denotano comunque già una grande maturità di scrittura e di idee.

Come ha sottolineato l’ufficio stampa Macramè-Trame Comunicative che ne ha curato la promozione, anche a noi dell’Isola  “piacciono i dischi partigiani. Quelli che si siedono dalla parte della musica fatta per urgenza e perché altrimenti non potrebbe essere. Se poi questa musica è partigiana anche di libertà, memoria e condivisione ancora meglio. E infatti il disco comincia con un pezzo di forte intensità, Canzone per Delmo, cantata con Marino Severini dei Gang, e dedicata ad Adelmo Cervi, per il quale Andreani ha parole di grande affetto: “Delmo è un amico, ha le gambe da merlo e non può non ispirarmi tenerezza; per questo ho deciso che a parlare di lui, orfano come me, fosse proprio il suo papà”. Una canzone che è una sorta di risposta ideale al romanzo Io che conosco il tuo cuore, scritto al contrario da quel “bambino che ancora non sa niente, chiuso nel corpo di un uomo vecchio che sa anche troppo”, dove l’autore Adelmo Cervi si racconta al padre attraverso la storia di una famiglia che ha fatto la Resistenza sorridendo dentro, “perché sai che la stai facendo in nome della vita, non in nome della morte”.

E con la stessa intensità l’album si chiude con un brano di una dolcezza disarmante, 30 Gennaio 2014, quando in un ospedale di Varese si gioca il derby più importante di Flippo. Con vittoria per lui e la sua Clo, rete di Annarella Andreani che li rende genitori per la prima volta. E nel rivolgersi alla sua piccola, il neo-papà non può non dedicare una strofa ed un pensiero anche a sua madre, “ che ha trovato un porto dopo la tempesta” e a suo padre, che “nuotava al largo e se l’è preso il mare.” Perché in fondo, quel coraggio ritrovato lui l’ha costruito anche sulla sofferenza della malattia del padre e sulla serenità ritrovata della madre.

In mezzo, poi, c’è tutto il resto. Ci sono gli amici, quelli per sempre, quelli di E Roma è il mare, che “hanno facce sporche e sincere; hanno mani di pietra, occhi vivi, avanzi di cantiere”. Qui Andreani racconta la Roma che ha conosciuto e che gli appartiene, quella “dei bassotti, degli All Reds, della politica, di Valerio Marchi, il cui libro Teppa è certamente il miglior saggio sulle culutre di strada. E poi c’è Sigaro, che è come un fratello maggiore” e che presta la sua voce tra le pieghe di questo brano. C’è tutta la sua musica, il suo amore per i Clash e quella vissuta tra palchi traballanti e sudore a fiumi insieme agli Atarassia Group, suoi compagni di viaggio dal 1993 al 2008 e che con Robi prestano il loro contributo in Veloce,  dedicata al vecchio Angelo Tagliabue, in arte Speedy Angel, che cantava nei Potage, uno dei primi gruppi punk di Como. Ed è grazie ai Linea, che hanno suonato in tutto il disco e sono una delle punk band più longeve della scena italiana, che Filippo ritrova quell’anima musicale che sembrava aver smarrito.

A far da sfondo a molti pezzi dell’album c’è la grande passione dell’autore per il calcio, non quello moderno però “perché non val più la pena, ché l’amore si misura in sciarpe tese e non in tessere, che puoi farci la spesa”. E così nascono tanti omaggi, primo fra tutti quello a Gigi Meroni e alla poesia che ha sempre circondato la sua figura. Un uomo che se ne è andato lasciando tutto irrisolto: il suo amore con Cristiana e il suo futuro da leggenda vivente, “che il numero sette alla schiena è uno stile di vita, è solitudine in fascia, è fortuna tra calcio e fatica”.
Che ti sia lieve la terra invece sono le parole con cui comincia l’articolo scritto su Repubblica da Gianni Mura il giorno della morte di Gianni Brera: un capolavoro di scrittura e di intensità umana che ha spinto Andreani a voler ricordare non solo l’uomo dalla “cultura larga e profonda” che scriveva come viveva. Ma il brano vuole essere un omaggio anche al giornalista e uomo Gianni Mura, che il cantautore ha conosciuto durante una serata trascorsa con Ghielmetti e Antonio Silva a giocare a carte fino al mattino e che stima moltissimo.
In Numero Nove poi c’è davvero Filippo a 360 gradi: la passione sfrenata per la squadra della sua città, la malattia di Stefano Borgonovo, gli amici che cantano con lui nel finale. Un brano questo che l’artista sente particolarmente e che è nato il giorno in cui Borgonovo è tornato al Sinigaglia ed è stato come se fosse in campo con lui.

Anche se esula dal mondo del calcio c’è spazio per un omaggio accorato a Piero Ciampi con Lettera da Litaliano, il quale ha saputo amare infinitamente pur non essendo corrisposto. Di lui Andreani racconta: “ Credo che per scrivere Adius uno debba veramente star male. Gli dovevo qualcosa, al Piero”.

E infine una gemma preziosa arriva con l’ascolto di Tito. Tito sarebbe stato Annarella, se fosse arrivato un maschietto. Ma è anche il nome con cui sua mamma lo chiamava, quando era bambino. E la canzone parla soprattutto di lui: la scuola dai preti, i tatuaggi, lo stadio, la strada (rappresentata da Steno dei Nabat). Insomma, è evidente che ne La prima volta il fil rouge che unisce tutti i brani è Filippo, che come quel pettirosso di cui parlavamo all’inizio è tornato a volare molto alto, e da quella altezza, diciamolo pure, si prende qualche piccola rivincita personale. “Così che dal gran ridere nessuno si accorgeva che ad ogni giorno che passava il pettirosso volava sempre un po’ più in alto e un po’ più in là del posto che gli avevano assegnato. E il giorno che il falchetto se n’è accorto il pettirosso oramai volava così in su che dall’alto prese a bombardare sul capo il re degli uccelli a colpi di cacatine”.
 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Autoprodotto
  • Anno: 2015
  • Etichetta: Mastermusic

Elenco delle tracce

01.  Canzone per Delmo (con Marino Severini - Gang, intro Adelmo Cervi)
02.  E Roma è il mare (con Sigaro - Banda Bassotti)
03.  Che ti sia lieve la terra
04.  Gigi Meroni
05.  Il prossimo disco dei Clesh
06.  Tito (con Steno - Nabat)
07.  Veloce (con Rob - Temporal Sluts e Robi - Atarassia Gröp)
08.  Lettera da Litaliano
09.  Numero nove
10.  20 Gennaio 2014

Brani migliori

  1. Canzone per Delmo
  2. Tito
  3. 30 Gennaio 2014

Musicisti

Gianmarco “Gimmy” Pirro: chitarre acustiche ed elettriche, ukulele, slide guitar  -  Federico Bratovich: chitarra elettriche  -  Silvio Calesini: basso  -  Fulvio “Devil” Pinto: batteria  -  Franco Barbera: pianoforte  -  Luca Bossi: rhodes, juno, hammond  -  Linea e Atarassia Grop: cori  OSPITI: Adelmo Cervi: voce narrante in Canzone per Delmo  -  Marino Severini: voce in Canzone per Delmo  -  Sigaro: voce in E roma è il mare  -  Steno: voce in Tito  -  Rob: voce intro in Veloce  -  Robi: voce finale in Veloce