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Madame

L’amore

È difficile parlare d’amore. È difficile persino definirlo. I Greci ci avevano provato creando una decina di sfumature del suo significato. Per i latini aveva a che fare con una scelta. Per Leopardi era l’unica passione in grado di alzare la sensibilità dell’io. Fare un disco su un topos così antico e universale nel 2023 è sicuramente un rischio ma è anche segno di ambizione. Francesca Calearo, in arte Madame, nata a Vicenza nel 2002, ha provato a esaurire la sua visione in 15 tracce, descrivendo quante e quali forme l’amore può assumere oggi. Il suo secondo disco, arrivato dopo due partecipazioni a Sanremo e due targhe Tenco per l’album precedente, si potrebbe immaginare (passateci la provocazione) come una sorta di rilettura in chiave urbana, post-adolescenziale, più trasgressiva e priva di intenti lirici di ‘Frammenti di un discorso amoroso’ di Roland Barthes.

Il disco si apre con una dedica a uomini di varia natura visti da una prospettiva femminile. I distici e i chiasmi con cui Madame costruisce le strofe di Come voglio l’amore, che può essere proprio sentenza o domanda, poggiano su uno pneuma fatto di beat, effetti vocali e fiati, sottolineando sin da subito uno scarto di questo album rispetto al precedente: Madame gioca musicalmente sull’altalena pieno-vuoto ma, soprattutto, è sola con la propria voce. Nessun featuring. Madame si concentra sui concetti che il suo momento creativo le ha fatto sudare, senza mettere il fiato sul collo ai suoi personaggi e, viceversa, senza farsene ossessionare, senza presenzialismo. Come in una sorta di trance artistica. Come un narratore extra diegetico che maschera, in realtà, la sostanza che l’autrice ha messo nelle vite che l’album racconta. Simbolo di questa intenzione potrebbe essere la scelta comunicativa operata per la copertina, bollata come elementare e priva di fantasia: un disco rosso senza scritte se non il titolo e la tracklist, e senza nome. Rosso che è universalmente il colore dell’amore ma anche del sangue e della carne, dello spirito santo ma anche delle fiamme dell’inferno e della violenza.

 

L’intenzione quasi motivazionale di Il bene nel male è accompagnata forse da un testo non efficace quanto produzione e arrangiamento. L’overwrite racconta l’amore di una prostituta ma ‘puttana’ rimane nel testo e non nel titolo, come si presumeva fosse fino a pochi minuti prima del suo debutto sanremese. Un titolo magari provocatorio che però avrebbe spostato il focus tematico. Immaginate se Via del campo, tanto per citare un brano che Madame ha maneggiato con rispetto e stile proprio a Sanremo, avesse avuto un titolo più esplicito.
Quanto forte ti pensavo, che si muove su una sequela di drammatici tempi imperfetti e da un angosciante moto di pianoforte, è come una didascalia di Kill Bill cantata da Nada. Con la sua melodia vintage pop, è il tocco di classe di questo disco. Il testo racconta un altro tema infelicemente raccolto nelle forme dell’amore o del non amore che può diventare una lezione, la violenza domestica. Sottile e velenoso il penultimo verso che anticipa, sussurrando, il refrain finale, “sperando che un giorno mi libererà”.

Predisporsi all’ascolto del disco di Madame necessita di una sospensione morale. La cantautrice provoca e sfida l’ascoltatore, stana il suo pensiero latente e i suoi disagi, il suo imbarazzo. Questo le permette un binomio come Donna vedi e lo skit Pensavo a…, che rincorrono gli stilemi del rap e della trap con testi velocissimi e pieni di riferimenti sessuali e volgarità, quei testi che Spotify segna con la E di “esplicito”. In questo disco, d’altronde, l’amore non è solo Afrodite ma è anche Eros, Anteros, Himeros. Non è solo forza spirituale ma anche moto fisico e carnale. La sua lavorazione è stata accompagnata da una volontaria concentrazione sul fatto artistico e sulla produzione, da un distacco dai social e dalla musica da supermercato o da reel di Tik Tok (quanto impiegherà a rientrarci con tutte le scarpe non ha alcuna importanza). Dentro ci sono Battiato (nelle strofe rarefatte di Come voglio l’amore), Branduardi (citato esplicitamente in La festa della cruda verità, prodotta magistralmente da Dardust), De André (nell’intro di Milagro – A Matilde si specchia quella di La domenica delle salme) e la ‘Notte della Taranta’ (in L’onda – La morte del marinaio), la musica strumentale e i suoni dell’Andalusia, la trap e il folk. Il cantato trascinato e l’autotune, le melodie e il dolore, la disperazione, la perversione e l’amore giudizioso che fa crollare tutto, la rabbia e il miele della speranza e della malinconia. Madame unisce la poesia urbana e le frasi sboccate. L’istinto sessuale e la serenità prosaica, a volte cruda, nell’affrontare, come già ha fatto in passato (in Clito, per esempio), un argomento tabù per la società. In questo disco manifesta in modo nettamente più evidente rispetto alle uscite precedenti quanto le nuove generazioni possano essere mature per sfrondare i pensieri radicali dei padri, senza avere la loro pretesa di giudizio e di biasimo. Nell’epoca dei pregiudizi e dello scandalo a basso costo, questo disco prova, chissà quanto volontariamente, a creare uno sguardo più panoramico, facendo luce anche su emozioni e azioni che non ci piacciono o che ci dà proprio fastidio vedere e sentire.

 

Madame canta il sesso polimorfo della sua contemporaneità ed è credibile nell’atto creativo, anche nella demenziale bonus track Tekno Pokè che, forse, spegne l’agonismo emotivo in cui ci si chiude nell’ascolto. Anche nei passaggi faticosi e imprecisi nell’incastro metrico e tonico dei versi, o nella variegata scelta produttiva che a volte può confondere.  Oltre al sesso, il disco tradisce una certa emotività nel trattare un argomento così vasto. Madame racconta anche le insicurezze, l’abulìa e le profonde problematiche emozionali su cui si interroga, segno di una volutamente asettica e onesta precarietà umana e artistica tutta in divenire. Manifesto di questo punto sono Respirare, Se non provo dolore e Per il tuo bene.

Al netto di una produzione corposa, per cui va dato merito dell’intuizione a Caterina Caselli, al netto dei limiti dati forse più dal genere che da idee buone e definibili (almeno un paio di canzoni di questo disco potrebbero funzionare addirittura meglio chitarra e voce) Madame incarna la canzone della Gen Z per estetica musicale e per scelte linguistiche. Senza rischiare l’acidità di metafore e assunti banali sul tema che ha scelto di sviluppare. Quelle metafore che abbinano l’amore, il cuore e il cielo, quelle metafore per cui Bukowski avrebbe chiesto di essere abbattuto. Non è necessario che le canzoni di questo album entrino nelle vostre playlist. Però tenetelo a mente perché, se vi dà fastidio ascoltarlo, probabilmente Madame vi ha preso in pieno.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Madame, Dardust, Chris Nolan, Shablo
  • Anno: 2023
  • Durata: 50:02
  • Etichetta: Sugar

Elenco delle tracce

01. Come voglio l’amore
02. Il bene nel male
03. Quanto forte ti pensavo
04. Nimpha – La storia di una ninfomane
05. Il mio nuovo maestro
06. Donna vedi
07. Pensavo a… (skit)
08. La festa della cruda verità
09. Respirare
10. Milagro – A Matilde
11. L’onda – La morte del marinaio
12. Se non provo dolore
13. Per il tuo bene
14. Avatar – L’amore non esiste

15. Tekno Pokè (bonus track)

Brani migliori

  1. Quanto forte ti pensavo
  2. Come voglio l’amore
  3. Se non provo dolore