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Non voglio che Clara

L'amore fin che dura

Avevamo lasciato i Non Voglio Che Clara eroi drammatici de L’amore al tempo del kerosene, non spaventati di raccontare delusione e distacco in atmosfere materiate di un pathos magniloquente, che rammentava gli slanci appassionati del cantautorato degli anni ’60 da Bindi a Endrigo, fosse pure in un eclettismo che attraversava e fondeva classicità e modernità liquida ed elettrica.

Ad oltre tre anni da Dei Cani (2010), Fabio de Min ha cambiato compagni di viaggio, ma anche variato spesso i mood dei suoi brani: dopo il dolore, c’è la consapevolezza, talora amara, delle altalene emotive della vita e quindi il disincanto, che si fa lente di uno sguardo asciutto e lucido sul reale ("dicono che sopra la collina il mare sembri dritto come una pianura e che qualcuno si sia venduto il cuore in cambio di una nave", Le mogli).

Il piano mantiene la consueta eleganza solenne, le note di organo spandono un’eco malinconica sul quotidiano e non mancano momenti in cui i dettagli delle storie narrate passano attraverso la lente d’ingrandimento della sensibilità immaginifica di de Min e del suo realismo, per costruire scene emblematiche e dotarle talora ancora di squarci poetici (v. Lo zio, con arrangiamento al contempo delicato e drammatico). Tuttavia diversi pezzi mettono in luce e accentuano un’altra sfaccettatura della band, quella più ironica e leggera (Le mogli, La Bonne Heure, Gli acrobati, I condomini, La sera).

L’ariosità grandiosa e nostalgica porta il marchio di fabbrica dei Non Voglio Che Clara di sempre, così come lo recano ben impresso le punte più sperimentali del disco (le originali “disarmonie” elettroniche de L’escamotage, oppure la meno ben amalgamata e meno risolta Le anitre), eppure le atmosfere (quando non anche il cantato) tracciano una strada meno personale, anche nelle trame folk di base o nella vena più narrativa/prosastica, e si avvicinano a percorsi di altri colleghi come Dente o ancor più Brunori (avrà influito l’uscita del disco per Picicca, come influì ad esempio sul primo disco di Maria Antonietta?), o in generale al correntone del neo-cantautorato acustico degli ultimi anni, che punta a rinnovare e riaggiornare Battisti & co. e in cui de Min non ha nessun bisogno di inserirsi.

Non si può pretendere che gli artisti siano sempre gravati dal peso di tormenti da cui spremere sangue e canzoni, ma i Non Voglio Che Clara che stemperano le sofferenze in melodie rasserenate e/o in disillusione più o meno spicciola annacquano uno stile caratteristico al di fuori di ogni moda, dall’impatto emotivo quasi “inevitabile”.

La stima resta, l’esperienza aumenta, ma li riattendiamo ad addentrarsi nel viaggio al centro della notte del cuore, piuttosto che con il sorriso forzato della maschera ironica, se non cinica, che talora serve a superarla.

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In dettaglio

  • Produzione artistica:  Fabio de Min e Giulio Ragno Favero
  • Anno: 2014
  • Durata: 35:07
  • Etichetta: Picicca Dischi/Sony Music

Elenco delle tracce

01.Il complotto

02. Le mogli

03. Le anitre

04. Gli acrobati

05. La sera

06. L'escamotage

07. Lo zio

08. La Bonne Heure

09. I condomini

10. La caccia

Brani migliori

  1. Lo zio
  2. L'escamotage

Musicisti

Fabio de Min: voce, piano - Marcello Batelli: chitarra - Martino Cuman: basso, tastiere - Igor De Paoli: batteria - Ospiti: Paola “Dilaila” Colombo, Rodrigo D’Erasmo, Giulio Ragno Favero