Dente
Al
suo terzo disco, Dente, nome
emergente della musica italiana, sceglie di proseguire su un cammino
sostanzialmente diverso: L’amore non è
bello, questo l’emblematico titolo del nuovo album, è il bilancio di un
passato recente e doloroso, dipinto con i suoni scarni di un pop apparentemente
ingenuo ma sostanzioso.
Dente
gioca d’ironia e sarcasmo: anche quando sembra volersi dedicare a piccole
poesie solari e tenere, riprende inesorabilmente il bandolo della sua matassa
di disillusione sentimentale. È così per il brano d’apertura, La presunta santità di Irene, romanticismo
zuccheroso e un po’ naif completamente azzoppato da un titolo senza vie
d’uscita, o per A me piace lei, un
allegro e orecchiabile uptempo che nasconde la storia di un triste amore
impossibile. Ma anche tenere serenate in punta di piedi come Voce piccolina, filastrocche ciniche
come La più grande che ci sia o più sfacciate e corali come Vieni a vivere celano, dietro la
maschera del divertissement, l’impossibilità
di un contatto fin troppo agognato.
In
bilico tra delicatezza e mordacità, Dente non si fa scrupoli e canta il suo
risentimento verso una lei che si è finalmente volatilizzata (Buon appetito e Sempre uguale a mai), inciampa in sconforti da esternare (Parlando di lei a te) o in rivelazioni
dolorose (Finalmente). Non manca
qualche timido fuoco d’artificio, con il flashback da incorniciare di Quel mazzolino - deliziosamente
infarcita di discorso diretto e giochi di parole – o con i ritorni di fiamma
colti e consumati in Sole. La
chiusura è affidata alla plumbea Solo
andata, appassirsi improvviso di una relazione, un enigmatico pugno nello
stomaco che sta tutto nel refrain: «andata con un uomo che canta, torno a piedi
da me».
Nelle
tredici canzoni di questo disco, Dente si conferma come una delle nuove
promesse del pop cantautoriale italiano: la solidità delle composizioni trova
una degna esaltazione in una produzione più curata rispetto ai lavori
precedenti, attenta nel creare un’atmosfera attutita e avvolgente, efficace
eppure insospettabilmente stratificata, per certi versi familiare – nei synth e
nei fiati ritroviamo un retrogusto battistiano, e in genere non mancano tocchi à la Kings of Convenience. Insomma, un
pezzo pregiato da tener d’occhio.
01. La presunta cecità di Irene
02. Incubo
03. A me piace lei
04. Voce piccolina
05. Buon appetito
06. La più grande che ci sia
07. Sole
08. Parlando di lei a te
09. Quel mazzolino
10. Sempre uguale a mai
11. Finalmente
12. Vieni a vivere
13. Solo andata
Dente: voce, chitarre,
percussioni, pianoforte
Andrea Cipelli:
pianoforte, gruma, basso
Gianluca Gambini:
batteria
Enrico Gabrielli:
arrangiamento, direzione fiati, sax e flauto traverso
Raffaele Kohler: tromba
Luciano Macchia:
trombone
Gianluca De Rubertis: synth
su #1 e #7
Mitici Angioletti diretti
da Mariafrancesca Polli: coro su #12
Elia Billioni, Vasco Brondi, Annie Hall,
Gianluca Gambini, Dino Fumaretta, Giuseppe Peveri, Sig. Solo e Roxy, Fabio
Dondelli, Andrea Cipelli, Andrea Abelli: cori su #5