Isa
Se è vero – come cantava Bruce
Springsteen – che ogni donna ha un giardino segreto in cui nessun uomo può
accedere, è altresì vero che non tutte le piante che vi si annidano sono belle
da contemplare. Attraverso L’arte
dell’insonnia, Isa – cantautrice
al secondo disco dopo l’esordio di “Disoriente” e collaboratrice della nostra
testata – ci apre per un attimo, e con coraggio tutto femminile, le porte di
questo giardino segreto. Le sue sono donne che, giunte a metà della propria
esistenza, si guardano attorno e scoprono che non c’è nessuna grande storia
d’amore nella loro vita, ma solo frequentazioni, uomini che le hanno sfruttate
e che non hanno lasciato neppure uno straccio di spazzolino in bagno, segno
forse prosaico ma almeno tangibile della loro volontà di costruire una
relazione duratura. Solo storie banali, da quattro soldi, da dimenticare
nonostante poi si passi la vita a «scrivere nella tua mente / a lettere d’oro
il mio nome» (Histoire). Che l’uomo
allora faccia di noi – continua Isa – ciò che vuole, che ci inchiodi alla
sedia, fosse anche solo per chiederci una storia da raccontare (Questo è il tempo). Al solito di fronte
alla banalità (o anche peggio) del quotidiano la speranza è affidata ad un
Altrove – come in Altrove (lettera da
qui) – da esplorare, in cui cavalcare l’onda, in cui essere amanti
nascoste. Oppure ad un ripiegamento verso un passato mitizzato in cui il
fratello più grande è un mago pronto a sconfiggere il drago cattivo (Il viaggio). Ma anche questa sorta di
ripiegamento fetale è destinato a fallire, perché se si passa tutto il tempo ad
avere paura che «la stella d’argento che stiamo aspettando / non ci riconosca
quando la vedremo passare» alla fine si può star certi la stella passerà senza
che ce se ne accorga. E se Dormono le
fate nei campi, l’ombra è sempre in agguato ed è pronta a colpirci. Sì,
perché il regno dell’infanzia non è popolato solo di magia e desiderio, ma
anche di incubi e ricatti affettivi che possono portare all’anoressia («Non mangiare,
mangia, mangia, non mangiare / ma non li vedi i bimbi e l’Africa che muore» ne L’ombra). Insomma, se anche il passato
non è più un terreno praticabile allora tanto vale accettare le sfide del
presente, quelle sfide tangibili e pragmatiche che le donne sono solite
affrontare a testa alta, a passo di danza: «Le ragazze di ieri ora stanno
lottando / per non trasformarsi in carriole / però, eventualmente, anche se, un
po’ di olio di gomito / e se la spingon da sole / se nei balli di ieri c’eran
grandi misteri mischiati di sabbia e di vento / per oggi ballando sarebbe già
tanto riuscire a volare restando / coi piedi sul pavimento» (Le ragazze di ieri).
Accanto e insieme poi ai brani, i
dieci racconti contenuti nel libro trasudano quella sensibilità femminile – «forza, paura e una carica sessuale d’intensità non consueta»
secondo l’intervento di Giovanni Choukhadarian contenuto nel volume – che fa de “L’arte dell’insonnia” un lavoro che poteva scaturire solo da una donna e che
proprio per questo i maschi dovrebbero mandare a memoria se davvero mai
volessero un giorno conoscere qualcosa dell’altra metà del cielo.
01. Histoire
02. Questo è il tempo
03. Altrove (lettera da qui)
04. Il viaggio
05. Pecos Bill
06. Dormono le fate nei campi
07. L’ombra
08. Le ragazze di ieri
Isa: voce e chitarra
acustica
Diego Pangolino:
percussioni
Davide Ronfetto: voce,
basso e chitarra elettrica
Silvia Starnini: voce
e chitarra acustica
Paolo Enrico Archetti Maestri: voce
Andrea Cavalieri:
clarinetto
Fabio Martino:
fisarmonica e tastiera