Caparezza
La musica di Caparezza è salutare. Apre gli occhi quando sono chiusi. Stimola al
pensiero quando all’osservazione non segue la critica. Impone la critica, e
soprattutto l’autocritica, raccontando i fatti e soprattutto facendo annusare a
larghi polmoni l’aria che tira. Non ha la verità in tasca il rapper (?) di
Molfetta, ma descrive la realtà, che
non è un’altra e non è bella, ma è questa, e tocca farci i conti. «Io voglio
passare ad un livello successivo, / voglio dare vita a ciò che scrivo. / Sono
paranoico ed ossessivo / fino all’abiura di me» canta in Abiura di me, ed è il manifesto programmatico di uno scrittore di
canzoni che ha il solo imperante obiettivo di svelare il mondo che ha intorno e,
come il migliore dei giullari, ribaltarlo nelle storture fino a ribaltare sé
stesso. Le dimensioni del mio caos è
un concept-album (o fonoromanzo, come
ama definirlo il nostro) sul ’68, ma la storia, raccontata con diversi
protagonisti oltre allo stesso Caparezza e alcune voci fuori campo che fanno da
cerniera ai vari pezzi, è soprattutto un pretesto per dare una struttura
unitaria ad una serie di fendenti contro i mala
tempora moderni.
Caparezza non tralascia nulla, e
la sua critica è molto più problematica e particolare di una semplice e
nostalgica contrapposizione tra il ’68 e l’oggi. Se La rivoluzione del sessintutto denuncia il dominio del sesso in
ogni aspetto della vita Non mettere le
mani in tasca punge le alte prelature che si occupano un po’ troppo dei
costumi sessuali di fedeli e infedeli; mentre Pimpami la storia attacca frontalmente il revisionismo e Vieni a ballare in Puglia mette in primo
piano il problema delle morti sul lavoro rilasciando un’immagine del tacco
d’Italia ben lontana dall’ultraretorico “sule, mare, ventu” – problema che
viene ripreso e sviluppato nell’epica western-provinciacronica di Eroe (Luigi delle Bicocche).
Ma più di tutto è la potenza
espressiva delle rime la forza di queste canzoni, grazie ad una scrittura che
usa il vocabolario per intero e non rinuncia ad alcun accostamento tra alto e
basso, antico e moderno, o ai più calibrati e ricercati riferimenti (dalla tv
alla letteratura, dal cinema alla storia, con una particolare attenzione questa
volta al mondo giovanile fatto di videogames, myspace e divi da mezza giornata
e via). E così alla fine dei cinquantasette minuti de “Le dimensioni del mio
caos” ci si ritrova con di fronte il re denudato, ma denudati lo siamo anche
noi, un po’ vittime e un po’ complici di questo raggelante caos. Al quale solo
Caparezza pare trovare le parole giuste.
01. La Rivoluzione del Sessintutto
02. Ulisse (You Listen)
03. Non Mettere le Mani in Tasca
04. Pimpami la Storia
05. Ilaria Condizionata
06. La Grande Opera
07. Vieni a Ballare in Puglia
08. Abiura di Me
09. Cacca nello Spazio
10. Il Circo delle Pantegane
11. Un Vero Uomo Dovrebbe Lavare i Piatti
12. Io Diventerò Qualcuno
13. Eroe (La Vera Storia di Luigi delle Bicocche)
14. Bonobo Power
Caparezza: voce
Rino Corrieri: batteria acustica
Giovanni Astorino: basso elettrico, violoncello
Alfredo Ferrero: chitarre, banjo
Gaetano Camporeale: rhodes, wurlitzer, hammond, fisarmonica
Diego Perrone: seconda voce in “Abiura di me”
Eugenio Manassero: pianoforte in “La Grande Opera”
Saverio Squeo: tromba in “Eroe (storia di Luigi delle Bicocche)”
Ministri: ospiti d’onore in “Ulisse (you listen)”
I Cantori Nesi: cori
Michele Di Lernia: iettatore in “Un vero uomo dovrebbe lavare i
piatti”
Stuzzy: voce femminile in “La rivoluzione del sessintutto”
Voci narranti
Cinzia Fiorato: conduttrice TG
Michele Kalamera: narratore
Melissa Maccari: Ilaria
Franco Zucca: carcerato saggio
Dario Penne: giudice
Pasquale Anselmo: Luigi delle Bicocche
Cristhian Iansante: amico del circo
Davide Lepore: speaker radiofonico
Michele Salvemini: Caparezza