Paolo Benvegnù
«È così che ogni goccia di me
scava la tua schiena lentamente» canta Paolo
Benvegnù nella canzone che apre il disco. Ed è proprio «lentamente» e «con
un ritmo costante» che si dipana tutto il suo secondo disco, penetrando poco a
poco nell’ascoltatore attraverso i canali dell’intelletto e dell’istinto allo
stesso tempo. La voce ruvida eppure carezzevole di Benvegnù ci conduce in un disco
in cui le canzoni sono legate tra loro da un’evidente continuità letteraria e
musicale, che costruisce un continuum in cui l’atmosfera non cambia:
crepuscolare, visionaria, angosciata, sensuale. I testi sono di un acceso ed
estremo lirismo, ed evocano un mondo circoscritto e asfittico dove l’ego
tormentato dell’artista è l’unico, languido, protagonista, seppure in colloquio
con un “tu” non meglio identificato: un amore travagliato, un altro volto dell’autore
stesso, o una proiezione dei suoi impulsi, delle sue sofferenze. Un tormento
che consuma e in qualche modo ricrea, perché di esso si nutre l’artista, alle
prese con un amore doloroso eppure cercato, analizzato in tutte le sue torbide
sfaccettature, senza alcuna retorica.
È un disco che può piacere già al
primo ascolto, grazie al suono di un rock orecchiabile a tratti melodico e con
echi noise, ma ne occorrono diversi altri per accorgersi della pregnanza delle
parole, dell’originalità delle scelte retoriche e metriche, e di immagini che
rimangono scolpite nella mente («Lo sguardo d’abbandono prima di partire»).
Benvegnù scrive con una cura da vero artista della parola, ma senza apparire
cerebrale. Non è un caso che i testi delle canzoni non siano inseriti nel
libretto: le parole sono tutt’uno con la musica, e grazie ad essa acquistano
significato. Non c’è rischio di intellettualismi. Piuttosto un riferirsi ad una
dimensione viscerale e sensuale, anche nel desiderio di purificazione e negli
slanci verso un Dio che «non guarda, bestemmia e non ci aiuta». Un lavoro che
conferma e ribadisce quanto di buono era già stato dimostrato in “Piccoli fragilissimi film”, e che
dovrebbe liberare finalmente Benvegnù dall’etichetta di “emergente”: ora è
chiaro che la nuova musica d’autore passa – anche – da qui.
01. La schiena
02. Amore santo e blasfemo
03. La peste
04. Il nemico
05. La distanza
06. Interno notte
07. L’ultimo assalto
08. Jeremy
09. Sintesi di un modello matematico
10. Cinque secondi
11. 1784
Andrea Franchi: batteria,
basso, chitarre, pianoforte
Guglielmo Ridolfo Gagliano: violoncello, chitarre,
pianoforte
Luca Baldini: basso, contrabbasso, pianoforte
Paolo Benvegnù: voce, chitarre, basso
Alessandro Fiori: violino
Emiliano Tozzi: sax baritono e tenore, clarinetto
Leonardo Galigani: tromba
Folco Tredici: trombone
Pamela Maddaleno: coro