Lea
Dopo ripetuti ascolti l'album, dal titolo omonimo, suona sempre più convincente sotto quasi tutti punti di vista: gli undici pezzi risultano ben strutturati a livello musicale, godendo di ottimi arrangiamenti che fanno a loro volta esaltare la voce grintosa, la melodia rock, il ritmo spesso potente, il suono della parola e gli assolo di chitarra. Ricordando, in generale, qualche logico ascendente fra il cantautorato rock (Gianna Nannini in primis), Lea risulta comunque originale nel curare anche e soprattutto gli aspetti retorici del coté letterario, scrivendo testi in funzione della musica e viceversa. E, senza sapere se siano nati prima gli uni o l'altra, funziona bene soprattutto il connubio a livello di forma-canzone, grazie alla capacità di versificare correttamente nell'intera frase musicale. Come nel 99% dei cantautori (maschi e femmine) quasi a ignorare mezzo secolo di Guccini, De André, Conte, Jannacci, De Gregori, Branduardi, Dalla, Margot, Tenco, Battiato (per citarne alcuni), quello che invece non convince in Lea sono i contenuti letterari: non va oltre il proprio ombelico, raccontando le sfighe amorose che le piovono addosso in quantità industriale, come non potrebbe accadere a nessun altra donna al mondo.
Priva della minima (auto)-ironia, sembra che sia l'unica sulla faccia della Terra a conoscere uomini (amanti, fidanzati o altro) che ostentano i peggiori difetti del genere umano: insensibili, vendicatori, arroganti, presuntuosi, machisti, al punto da ridurre la 'poveretta' (che proprio bruttona non è, stando alle foto di copertina) a un cumulo di nevrosi e depressioni. Il tutto suona purtroppo inverosimile, se vuole essere cantautrice, Lea deve insomma allargare i propri orizzonti tematici; il resto funziona (e bene).
Foto di Giuseppe Barbato
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01. Senza estate
02. Mi rifaccio il trucco
03. Ma oggi è solo luned
04. Il momento giusto
05. Controcorente
06. Autunno
07. Non ho più regole
08. Stop
09. Uno splendido inverno
10. Dall’altra parte di noi
11. Primavera a un passo da me