Rain Dogs
Si trattava di chiudere, certo solo metaforicamente, all’interno di una ipotetica stanza, un cantautore dallo stile, diciamo così, “classico”, ovvero Andrea Ferrante, insieme ad un dj e produttore di musica elettronica, Luigi Gori, per vedere, neppure tanto “di nascosto”, l’effetto che fa…
Ne sono scaturiti un paio d’anni di lavoro e dieci tracce nate dalla chitarra e successivamente “processate” dall’elettronica, un mix potenzialmente davvero esplosivo che, fin dall’intro di Brand new enemy, non fa alcun mistero di riferirsi, primariamente, alla new wave ed alla post wave degli anni ’80, decennio che da qualche tempo pare essere diventato un vero punto di riferimento, parecchio frequentato, per diverse band italiane.
Rock ed elettronica, dunque, un binomio che tutto sommato non ha mai fatto perdere del tutto le proprie tracce, riapparendo periodicamente in numerose produzioni, attraverso un percorso ‘carsico’ che ha ormai superato abbondantemente il trentennio di vita.
I Rain Dogs, pur privilegiando un approccio di base decisamente rock, soprattutto nel tipo di strumentazione, hanno operato in questo senso, ovvero impostando una composizione strutturalmente “classica”, poi rivista e riarrangiata ritmicamente ed attraverso suoni trattati elettronicamente.
Ne risulta un curioso impasto sonoro, un po’ Franz Ferdinand, un po’ Daft Punk, a cui non sono estranei echi degli Ultravox di Midge Ure o del Bowie più genuinamente anni ’80 e, perché no, specie in Broken kite, di alcune cose degli stessi U2, impasto che peraltro offre l’impressione di essersi assai ben amalgamato nonostante il rischio di una sorta di “fusione a freddo”, con le inevitabili conseguenze, fosse tutt’altro che trascurabile.
Alla fine l’elettronica non dilaga mai, ma valorizza e sottolinea le strutture di brani che non soffrono certo di quella iperproduzione che, negli anni ’80, spesso soffocava melodie e spunti armonici: i pezzi sono piacevoli, ed anche piacevolmente “leggeri”, gli arrangiamenti ariosi, mai cupi, e la performance vocale è davvero degno di nota, così come il contributo strumentale che i tre chitarristi, i tre bassisti, gli archi e la batteria, offrono a quella che potrà essere certamente una proposta “live” di un certo livello.
Quando il recupero di suoni passati viene fatto in modo intelligente e ad esso si aggiunge una buona dose di inventiva che li “svecchi” e ne rinnovi le caratteristiche più interessanti, il risultato non può che essere positivo: nulla di particolarmente nuovo, in un certo senso, eppure la sensazione che certe sonorità, se adeguatamente rivisitate, mantengano anche a distanza di anni un fascino ed un’attrattiva non indifferenti c’è, che va ben al di là di una pedissequa riproposizione.
01. Brand new enemy
02. Idiots walk in a row
03. Skin and bones
04. Goodfellas never dies
05. Nobody’s running
06. The end
07. Rockin’ on my own
08. Broken kite
09. Summer rain
10. Psychotic Morning
Andrea Ferrante: voice, backing vocals, guitars - Luigi Gori: synths, keyboards, electronics drums - Luca Cherubini Celli: drums - Daniele Rossi: guitars - Mario Romano: guitars - Damiano Salis: guitars - Franco Li Causi: bass - Massimiliano Valenti: bass - Gabriele Giovannini: bass - David Giacchè: strings