Dead cat in a bag
Musica per immagini, Calexico e Nick Cave a piene mani. I Dead Cat in a Bag vengono da un'esperienza di composizione di colonne sonore per spettacoli di prosa e danza: matrice e peccato originale tradotti in songwriting in questo che è il loro primo album.
Struggente, a volta graffiante, Lost bags si compone di 14 brani intimisti su trame folk-blues, echi di musica balcanica e ritmi mexican.
Last train home, dove ci porta l'ultimo treno verso casa? La prima traccia è un breve preludio che, fuorviante, si insinua lasciandoci in bilico tra ciò che inizia e ciò che sta per finire. Quasi silente, non ci rivela né ci fa presagire cosa ci attende.
Musica per le nostre orecchie, ma anche per il personalissimo catalogo di immagini e citazioni (film, libri, poesia, immagini) che ognuno di noi ha raccolto nell' in-cosciente fluire del tempo. Strade sterrate e polverose sulle quali vecchi cani si trascinano stanchi sotto un sole cocente (Old dog).
I can't row no more ci trasporta in un film in bianco e nero di Jarmush: come Johnny Depp, inquieto Ulisse nel Nuovo Mondo, ci lasciamo trasportare sulle acque di un denso fiume.
La voce si trascina e al tempo stesso graffia la fisarmonica di The gipsy song: Luca Swanz Andriolo ci ricorda Eugene Hutz dei Gogol Bordello ma se vi aspettate un ritmo rutilante e trascinante, siete in errore. Nulla è ciò che sembra, e non si giudica una canzone dal titolo. Mentre la terz'ultima traccia, Dawn, è un mantra che poi si scioglie in atmosfere mexican style dove chitarre, trombe e violini si congiungono in un ritmo che trascina. E ancora una volta, se vi aspettavate un quieto crepuscolo, vi siete sbagliati.
Le labbra di un amore tradito e a senso unico diventano discarica in Wasteground of your lips: struggente nell'interpretazione e nella sapiente combinazione di archi che qui si trasformano in un lamento, in un pianto soffocato.
L'ultima, estrema frontiera del Nuovo Mondo, Tijuana e la ricerca di una terra promessa: i ritmi folk messicani si congiungono con le vibrazioni della musica gitana e di quei popoli "alien" dell'est europeo, in un abbraccio ideale che annulla i confini e le frontiere. The Stow Away Song è la traccia dell'album che non può lasciare indifferenti. Ritmi "altri" da noi, mentre Zbohom, traccia dal titolo ermetico e criptico che chiude l'album, ci riporta un po' di familiare Mediterraneo.
Il suono delle migrazioni, di ciò che si mischia e si (ti) confonde: è ciò che questi 14 "bagagli smarriti" portano con sé e lasciano il segno.
01. Last train home
02. Wasteground of your lips
03. Wither
04. A Rose & a Knife
05. The Stow-away song (a Sea Shanty)
06. The Gipsy song
07. Leapiz
08. I can't row no more
09. Lost bags
10. No lust left
11. Sleeping fields
12. Dawn
13. Old dog
14. Zbohom
Luca Swanz Andriolo: voce, chitarre, dobro, banjo, mandolino, armonica, melodica, melodeon, concertina, harmonium, fisarmonica, cookie-tin banjolaika, balalaika, chumbus Roberto Abis: chitarre, lap steel, basso, tastiere, campioni Moog, trattamento del suono Luca Iorfida: piano, Fender Rhodes piano, fisarmonica, vibrafono, bouzouki, organo, contrabbasso, sintetizzatori e strumenti MIDI, voci Andrea Bertola: violino Ivan Bert: tromba e flicorno Marcello Caudullo, Liam McKahey (Cousteau), Cesare Basile, Massimo Ferrarotto (Feldmann)