Cato
Lo si potrebbe definire un cantautore, per così dire, “di movimento”, proprio nel senso che, laddove il mondo non lo rappresenta, non gli aggrada o, addirittura, gli è proprio ostile per qualsiasi motivo, Cato semplicemente si sposta, si muove, va a ricercare altrove ciò che non ha trovato nel luogo in cui si trovava prima. E questo continuo girovagare, in quanto musicista, lo trasferisce ovviamente in musica andando a raccontare le proprie (o altrui, ma non è dato saperlo) peripezie e le conseguenti sensazioni che esse producono. Ovviamente questo continuo movimento ha, come prima ed automatica conseguenza, l’incontro con altri soggetti, altre situazioni, altri contesti, ed allora delle due: o chiudersi rapidamente a riccio “salvaguardando” il proprio io e di conseguenza la propria “indipendenza”, oppure mettere il naso fuori, “annusarsi”, capire chi si ha di fronte, fare in un certo senso due chiacchiere e capire che, in fondo, non siamo poi molto diversi dagli “altri”.
Fuori di metafora, ma senza alcun intento di tipo moralistico o “educativo” Cato, al secolo Roberto Picinali, non fa altro che raccontare come vede le cose, ma anche come con le cose, e con le persone, riesce ad interagire, e lo fa raccontando storie in cui sentimenti, emozioni, sorprese, ma anche paesaggi ed immagini, a volte inaspettati, inducono a riflettere: in pratica la trasposizione in musica, con venature rock, blues ma anche pop, dell’adagio “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”, con l’aggiunta, volendo, di un “come e perché” lo facciamo. Ovviamente, come può capitare spesso in molti viaggi, il percorso è tutt’altro che lineare ma varia, si ferma, devia, anche e soprattutto in base all’ispirazione del momento, e ciò accade soprattutto quando una vera e propria meta non viene individuata; ed allora gli undici brani che compongono + Love – Stress non sono certo stilisticamente coerenti, ma risentono non solo dello spirito di ricerca, ma soprattutto dell’attimo e di ciò che esso trasmette.
Rock, blues, pop, qualche momento reggae e, perché no, qualche riferimento al folk, ma soprattutto il desiderio e la necessità di leggerezza: il viaggio non deve essere né faticoso né stressante (ed ecco il perché del titolo…) ma, semplicemente, divertente. Cato ed i membri della sua numerosa band si divertono davvero, e lo fanno andando a briglia sciolta; li si può seguire, magari anche solo per un tratto di strada, e poi si può intraprendere senza problemi un itinerario alternativo, anche perché l’invito che viene fatto in questo album è proprio quello di non intestardirsi in una direzione ma di lasciarsi trasportare.
01. African boys
02. Respirando il sole
03. Brucerò
04. Senza fretta
05. La-up
06. Bluesy
07. Bambole
08. Tranquillo
09. Corri nel vento
10. Everyday fuckin’ robots
11. Steppa infinita
Cato: guitars, voice, bass, piano, percussion - Mauro Guidi: bass - Marco Pasinetti: guitars - Stefano Guidi: drums - Fidel Fogaroli: Hammond - Elio Donini: drums - Gabriele Guerini: bass - Stefano Galli: guitars - Stefania Lanfranchi: vocals - Sebastiano Pezzoli: bass - Paolo Manzolini: guitars - Francesco Moro: fisa - Luca Moro: bass - Xulio Lorenzo: flute - Matteo Bortolotti: sequencer - Marika Ghilardelli: vocals - Nadia Rossi: horn - Mauci Sinth: sequencer, vocals