Verderame
Esiste una terra di nessuno, situata tra l’indie italico e il mainstream. Un terreno pericoloso, minato di compromessi e di alti rischi: in primis, quello di sputtanarsi, per usare un francesismo.
Spavaldamente, o forse inconsapevolmente, i romani Verderame si sono avventurati proprio in questa terra di nessuno, con il loro disco d’esordio L’ultima recita. È forse l’unico modo, ci risponderanno, di portare un prodotto di qualità a un grande pubblico. Vero, senz’altro. Ma altrettanto vero è che gli artisti che sono riusciti a raggiungere la notorietà da qui (ossia non partendo nè dal mondo alternative nè da quello pop) si contano sulle dita di una mano.
Comunque, i Verderame sono coraggiosi e ci provano. Con un discreto bagaglio di talento, lo riconosciamo: il loro pop sofisticato, screziato di new wave, non fa gridare al miracolo per originalità ma certo è ben amalgamato e rielaborato personalmente, al punto che possiamo tranquillamente dire che hanno un “loro” suono. Caratteristica fondamentale, che apprezziamo in particolare in brani come Verderame, Cenere ed Emily. Parti molto ben suonate, e cantati che regalano intuizioni melodiche pregevoli, soprattutto nei ritornelli.
Altro punto a favore della band capitolina: le metriche, perfettamente ricamate sulla musica, mai forzate o ridondanti. Se però si vanno ad analizzare nello specifico i testi, l’impressione che resta è quella di una bella scatola vuota: è tutto un tripudio di “angeli”, “colori”, “suoni”, “fiori”, tante metafore ma pochissime immagini che dicano veramente qualcosa. Troppo fumose per colpire gli snob, troppo pretenziose per il pubblico generalista.
E quando la loro innegabile classe sfocia in una poetica troppo autoreferenziale, dark-romantico-esistenzialista ecc, i Verderame rischiano davvero di mancare il bersaglio; e di saltare su una delle mine della terra di nessuno, di cui sopra.
Ma non si scrive musica sempre pensando a chi sia il proprio pubblico, anche se a giudicare dalla produzione (perfetta) de L’ultima recita non si direbbe. E allora potremmo accontentarci di dire che questo è un buon disco, poco importa dove si posizioni tra gli scaffali o nelle playlist; potremmo anche far finta di non aver letto i deliri intellettualoidi con cui la band si presenta nel comunicato stampa, e limitarci alla bellezza dei loro brani; potremmo pensare a come sarebbe bello se a Sanremo le nuove proposte annoverassero band come i Verderame, anzichè gli scappati di casa dei reality show. E ci lasceremmo sulle note della spendida Rachele, ultimo brano dell’album, con il suo delicato arrangiamento di archi che fa tanto Rufus Wainwright. E la finiremmo di parlare di indie, di pop, di rock e di chi sta al di qua e chi sta al di là del mainstream...
http://www.myspace.com/verdedirame
http://www.verderame.it
01. L’ultima recita
02. Verderame
03. Emily
04. Il giardino degli aranci
05. Ma che ho dentro
06. Dentro e fuori
07. Polvere di stelle
08. Cenere
09. Agonia
10. I.R.E.
11. Digital Blue
12. Fast
13. Rachele
14. Digital Blue (ghost)
Fabrizio Morigi: voce e chitarre Valerio Salustri: chitarre Valerio Sabbatini: basso Bruno Valente: batteria