Il Parto Delle Nuvole Pesanti
Nudi, tra le rovine di un luogo certo un tempo vivo ma ora perduto, il torace trapassato da quegli stessi ruderi, novelli cristi che accolgono su di sé la sofferenza dei mondi dimenticati: appaiono così Salvatore De Siena, Amerigo Sirianni e Mimmo Crudo, cioè Il Parto delle Nuvole Pesanti, sulla copertina di “Magnagrecia”, il loro ultimo lavoro che è una sorta di concept album. «Sentimenti da soap opera/Culti e miti di cosmetica/Madre scaccia questo male/E dacci il nostro vero pane», è la preghiera di Vite senza vita, sintesi di quest’epoca avara e frenetica che confonde la crescita economica con la ricchezza culturale.
A sei anni dall’uscita dal gruppo di Peppe Voltarelli, il ruolo di cantante principale si disgrega per trasformarsi in un canto a più voci (oltre a quelle dei tre componenti, Claudio Lolli, Sarvin, Mirco Menna, Claudia Crabuzza, Alessandro Danelli, Amy Denyo, Francesca Salerno, Antonella Di Fronzo, Valeria Repetto). La parte più importante è dunque affidata ai testi, pezzi di contemporaneità messi assieme a lanciare il grido di allarme (e di dolore) per quanto accade nella civiltà globalizzata, con un riferimento esplicito e accorato al nostro Sud, emblematico come il paesino calabrese di Pentedattilo.
Il brano che apre il disco è infatti, significativamente, la title track Magnagrecia, il ritmo vivace ma il contenuto dolente (“Nella Magnagrecia gli dèi non ci son più”). Musicalmente, i brani più coinvolgenti sono quelli che attingono alla tradizione, ancor più se in dialetto, che imprime la sua forza ancestrale, come in Giorgio – storia di un calabrese emigrato in Germania che guardando la televisione riflette: «Pure in Italia i clandestini!/Stessi problemi stessi destini/Vede carrette e vede gommoni/E vede la vita i quann’era guagnunu» – o la tarantella Melissa, presaga di fatti ancora a venire come quelli di Rosarno: «Marescia’ è soltanto terra incolta/Se insistete però scatta ’na rivolta».
Bella e cantabile è Uomini viaggianti che, col suo incedere tranquillo di tamburello e fisarmonica e danza e voci cantanti in un bell’affresco dell’umanità viaggiante e colorata, è uno dei brani migliori del disco. Mentre Il sacro osso pecca di un eccesso di “caposselanismo”, gradevole è l’ironia dell’“americana” Car wash, che dà voce a un uomo innamorato della propria auto; e la melodia importante, lenta, complessa, che pure entra facilmente nelle orecchie, di Philippe Petit, emblematica storia del funambolo francese che per protesta camminò su un filo teso tra le Torri Gemelle in costruzione.
01. Magnagrecia
02. Giorgio
04. Uomini viaggianti
05. Philippe petit
06. Il sacro osso
07. Car wash
08. Melissa
09. Vite senza vita
10. Tarantella siriana
11. Non dire niente
12. Pentedattilo
13. Tutto a un tratto
14. Giorgio (remix) – bonus track