Mariposa
Non gioco più, me ne vado: il
nuovo disco dei Mariposa può
riassumersi nel famoso incipit di Mina. Ed il dubbio, per chiunque conosca la
band bolognese, s'insinua quasi consequenziale: se non c'è più il gioco, che
senso hanno i Mariposa?
La domanda è più che lecita: un
gruppo che ha sempre fatto della goliardia intelligente, del citazionismo, dei
calembour testuali e musicali la propria cifra distintiva può sopravvivere
cassando tutto ciò dal proprio dna? Il disco omonimo della band compie proprio
questa drastica opera di riduzione, di “asciugamento”: la spumeggiante e
debordante giocosità dei dischi passati si stempera qui in un sorriso
malinconico (Notel Hotel), obliquo,
spesso duro (Sudoku), che pare
riflettere con dolorosa verità il periodo travagliato che la band ha scontato
di recente ed i dubbi che sembrano tuttora permanere. “Mariposa” è un disco che
sta al precedente “Pròffiti Now!” come il giorno alla notte: musica non più
componibile ma compatta, perfettamente assemblata tanto nella psichedelìa pop
di Zia Vienna quanto negli esercizi
funky di Clinique Veterinaire (che
ospita, quasi a sancire la chiusura di un cerchio, David Allen dei Gong). Sin dal dittico iniziale, marcatamente dalle
parti del miglior Gazzè, è chiaro che il difficile scotto da pagare per godere
appieno di queste undici tracce è quello di lasciare volontariamente da parte i
Mariposa come tutti li conoscevamo (o, meglio, come tutti ce li attendevamo):
oggi il settetto serra i ranghi e si rende più commestibile, normalizzando e
marginalizzando elementi quali il teatro canzone (Piero) o i consueti mash-up tra generi alieni (il valzerino à la
Casadei che irrompe nella già citata Notel
Hotel). Cosa rimane? Qualche ottimo colpo in canna (Zucca, Poco Più In Là,
una 81 Guerra Atomica, 84 confronto: rivoluzione i cui suoni
pendono verso i Postal Service di “Give Up”) e qualche episodio minore (Vattene Pur Via, che però vanta un
mirabile arrangiamento d’archi).
Ma “Mariposa” trascende l’analisi
brano per brano, perché è molto più che una nuova svolta fatta per stupire: qui
è lecito parlare tout court di un nuovo sound, e potremmo quasi spingerci a
vedere nei solchi le prime impronte di una nuova band. Che suona come sempre ai
massimi livelli, beninteso, ma alla quale – noi che prestavamo “Domino Dorelli”
agli amici tristemente intrappolati nelle maglie del pop radiofonico – ancora
stentiamo ad abituarci. Insomma, nemmeno i Mariposa giocano più, proprio come
la tigre di Cremona; ma loro, almeno, sembrano ben lungi dall'andarsene.
01. Specchio
02. Zucca
03. Piero
04. Zia Vienna
05. Sudoku
06. Clinique veterinaire
07. Notel hotel
08. Vattene pur via
09. Poco più in là
10. 81 guerra atomica, 84 confronto: rivoluzione
11. Can I have bon-bon