Masokismo ha tre
anime: quella post punk-new wave che ha caratterizzato sin dall’esordio di “Bubù
7te” la band dei
Masoko, quella che rimanda
all’ironia surreale dei testi di Bugo e dei Baustelle meno recenti e infine
quella smaccatamente pop. Un pregio? Forse un’occasione mancata per darsi un’identità
precisa. E’ un vero peccato perché gli elementi ci sarebbero stati tutti, a
partire da
Giorgio Canali che ha
curato la produzione artistica del disco (e suonato in uno dei pezzi meno
riusciti, ovvero
Troppitrucchi), passando
per la collaborazione con gli
Amari,
fino ad arrivare a
Maiale, unico
brano veramente ficcante all’interno della tracklist. Invece a cominciare da
Storia breve fino a giungere a
Troppitrucchi, in sostanza l’intera
seconda metà del disco, si ha la sensazione che la band romana cerchi di
percorrere delle vie sonore che non le sono consone, ovvero quelle del pop
italico di fine anni novanta, abbandonando le atmosfere britanniche anni ottanta a loro così
familiari. Sul versante dei testi è apprezzabile la vena ironica e di leggera
polemica verso i nostri tempi così edonisti presente in brani come
Fitness («devi
venire con me. Io ti farò correre e dimagrire»)
e
Savoir faire («se questo aspetto mi dona savoir faire, se una cosa
mi sta bene non fa per me»), tuttavia
l’intento di comunicare questi concetti in maniera originale e apparentemente
leggera non viene sempre raggiunto, e ad esempio
Manager e
Postgroupie risultano
particolarmente deboli sotto il profilo delle liriche. Tirando alla fine le
somme in “Masokismo” si intravedono senza dubbio degli spunti interessanti che
però non trovano ancora una vera e propria realizzazione.
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