Andrea Liuzza
Plumbeo
fin dal packaging, Melancholia I è un efficace esempio di
introspezione e catarsi in dieci canzoni, scritte, suonate e prodotte da Andrea Liuzza, cantautore ventiseienne
già al suo secondo disco.
È
un pop-rock difficilmente etichettabile quello di Liuzza, fatto di indagine
all’interno di un mondo mentale claustrofobico e – come da titolo –
malinconico, in cui poco è distinto. E già il testo “magrittiano” di Born sembra
fatto apposta per gettare sabbia negli occhi dell’ascoltatore, forse troppo
distratto dall’identificazione canzone-autore per comprendere che i dubbi, i cedimenti
e le ossessioni qui contenuti sono gli stessi che prima o poi tutti noi abbiamo
sfiorato. E che qui non cercano consolazione.
Fin
dalle prime note emerge una sinistra empatia che attraversa la schizofrenica
ricerca di verità nell’autodistruzione in Melancholia,
le illusioni e le certezze infrante dell’infanzia in Birdie, l’accettazione del disagio interiore in Sick, il nichilismo di Wolf. E, dall’altra parte, c’è la
tragedia in tre atti descritta da I
kissed Alice, Pink rabbits are always
happy e I miss you, istantanee dal
sapore irreale, accomunate da un senso di sospensione tragica e di incapacità
di accettare la realtà.
Con
la coda Unborn, reprise solo piano
della traccia iniziale, Liuzza chiude il cerchio su un disco essenziale e
inquieto, fatto di suoni e voci scabre, spesso volutamente imperfette (come
scrive in Sick: «se fossi perfetto, non
sarei stonato in questo verso della canzone e non ti piacerei mai»). Il disco riesce
nell’adempiere all’urgenza di sviscerare un mondo interiore, risultando
autentico senza provare ad essere memorabile: se questa sia una forza o una
debolezza, non resta che vederlo con le prossime prove.
01. Born
02. Melancholia
03. Birdie
04. I kissed Alice
05. Sick
06. Pink Rabbits Are Always Happy
07. Wolf
08. I miss you forever
09. Unborn
Andrea Liuzza: voce, strumenti