Chiara Jerì
“Morire è anche niente da dire…”. Potrebbe essere questo verso una possibile chiave interpretativa del disco d’esordio di Chiara Jerì. Un disperato bisogno di contatto, di dialogo… di canto. Un disco introspettivo, da ascoltare al buio, oppure in macchina durante un viaggio notturno. Se fosse un film sarebbe girato quasi tutto in interni; in stanze ora adorne ora vuote, ora in penombra ora assolate. Anche i pochi spazi in esterno, in definitiva, sono poi luoghi mentali della memoria, del ricordo delle proprie terre d’origine o d’adozione: il sud – Jerì è calabrese – di Amara terra mia di Domenico Modugno (con la partecipazione dei Tamales De Chiplin); la Toscana della tradizionale, seppur qui riarrangiata in chiave mediterranea, Maremma amara (con titolo che è quasi un chiasmo della precedente) e di A Livorno; la Genova della deandreiana (nelle atmosfere e nelle tematiche) Malincuore. Tutti brani che più che aprirsi ad un esterno rimandano ad un’interiorità della persona che vive, subisce ed ama quei posti.
Come dicevo, quindi, un disco dell’anima; di un’anima sensibile che cerca disperatamente una difesa all’irrompere del vuoto e del silenzio (Parlami), ma anche dallo scatenamento dei sensi (“Vorrei bruciare il corpo ed esaltare l’anima/ confonderla con quella mia”). Se la perdita della persona amata e di un possibile contatto divengono motivi d’angoscia, l’unico rimedio appare allora proprio la canzone, anche come una sorta di rimedio omeopatico (“Canzoni d’amore distruggono corazze/ che persone fragili usano per difendersi dal mondo”). Ed è proprio la voce di Jerì che si erge a difesa di tormenti esistenziali. Sì, perché se esistono voci perfette, impostate, capaci di scalare tutte le note del pentagramma, esistono anche voci calde, “irregolari” – se mi si passa il termine – che scendono, che penetrano in profondità, che si insinuano dentro chi le ascolta. Jerì appartiene a questa seconda schiera, quella a cui appartiene Fiorella Mannoia o Ornella Vanoni, tanto per intenderci.
Un disco d’esordio, insomma, interessante questo Mobile identità, che risente di diverse influenze (echi di Battiato in Contrasto scritta da Ivan Segreto, di De André in Malincuore; mentre Sovente piacerebbe per certe sonorità e per le rime desinenziali a Pacifico) e che pure presenta alcune piccole ingenuità tipiche dell’esordio (per esempio, una track list forse un po’ troppo corposa, anche a causa delle numerose cover).
Da segnalare, infine, l’assenza di un vero e proprio gioiello: il Notturno della parole scomposte – musica del bravissimo Maurizio di Tollo, autore di quasi tutti i pezzi e produttore del disco, e testo della stessa Chiara – vincitore del concorso “Un notturno per Faber” patrocinato dalla Fondazione De André (la giuria era presieduta da Mario Luzzatto Fegiz), durante la mostra genovese dedicata al cantautore. Il brano, infatti, è stato composto mentre l’album era già in stampa.
01. Maremma amara
02. Contrasto
03. Parlami
04. Sovente
05. A Livorno
06. Dimmi dove sei
07. Ed io tra di voi
08. Amara terra mia
09. L' ultima volta che ho visto i tuoi occhiali
10. Un sogno che se n'è andato
11. Malincuore
12. Moon river
13. Tutte le stelle della sera
14. A l'otro lado del rio
Chiara Jerì: voce
Adriano Arena:
chitarra acustica e classica
Alessandro Corvaglia:
pianoforte, tastiere e voce
Maurizio Di Tollo:
batteria, pianoforte, chitarre e voce
Tiziano Cannas Aghedu:
tromba
Matteo Nahum:
chitarre
Cristiano Roversi:
pianoforte, tastiere e stick bass
Boris Valle:
pianoforte
Robbo Vigo:
pianoforte e synth bass
Luca Volontè:
sassofoni
Tamales De Chipil:
in 08