Nerolidio
Sono passati ben otto anni dal precedente lavoro Riflessi di Riccardo Busana, in arte Nerolidio, ma non sono certo passati invano, perché da una lavorazione durata ben sei mesi è nato un disco di altissimo livello, a testimonianza di una raggiunta maturità non solo artistica. Il disco si presenta con una copertina apparentemente neutra, giocata sulle tonalità di grigio, che ad uno sguardo distratto potrebbe sembrare un’uniforme superficie a quadrettini che però, ad uno sguardo più attento e riflessivo, si rivela come un tessuto principe di galles solcato da una cucitura che, a disco aperto e libretto dispiegato, risulta essere parte della giacca indossata da Nerolidio nella bella foto in bianco e nero che lo ritrae quasi di profilo.
Anche l’immagine dispiegata è pero tagliata verticalmente per metà, quasi che l’artista voglia comunque celare una parte di sé, senza lasciarsi coinvolgere totalmente.
Così è, a mio modo di vedere, anche il suo atteggiamento nel disco, in cui affronta temi importanti come la mafia, il carcere, l’handicap, la guerra, l’amore senza però mai cadere nella retorica e senza cedere ai sentimentalismi. Non è uno sguardo freddo il suo, intendiamoci, è uno sguardo che dimostra soprattutto sensibilità e maturità. Il disco, composto di nove tracce, si dipana tra repentini mutamenti di stile supportati egregiamente dallo stesso Nerolidio e da altrettanto validi musicisti tra cui Dino Ceglie co-arrangiatore delle musiche e Sante Palumbo ospite in Sciuri sciuri.
I mutamenti del titolo non sono solo, però, riferiti ai tanti cambi di genere musicale presenti nel disco, ma sono soprattutto quelli che avvengono nella propria esistenza e più in generale nella storia dell’intera umanità e che oggi ci portano ad un senso di smarrimento per cui non sappiamo più se «siamo noi gli indiani o i cowboy» come canta Nerolidio nella title-track Mutamenti. I pezzi sono tutti molto raffinati e curati nei minimi dettagli, ma tra questi spiccano senza dubbio Sciuri sciuri, che a dispetto del titolo non ritrae affatto una Sicilia da cartolina, ma anzi affronta il tema della mafia senza però inutili proclami, Non credevo capitasse, storia di un amore adulto che lascia il segno, un amore di quelli in cui si può anche essere «così uniti così lontani» finendo per trasformarsi in «due amanti di nostalgia», Tesa sul deserto che tratta della guerra in Medioriente, ma non solo perché una guerra è pur sempre guerra in ogni luogo e non c’è mai un valido motivo per combatterla. E’ un disco che scorre via in un soffio, ma come un boomerang ritorna insistente per farsi nuovamente ascoltare, perché ad ogni ascolto coinvolge l’ascoltatore donandogli qualcosa di nuovo ed interessante, assolutamente mai banale.
01. Mutamenti
02. Sciuri sciuri
03. Isola felice
04. Non credevo capitasse
05. La grande pentola
06. Le cose semplici part II
07. Biciclette&miracoli
08. Tesa sul deserto
09. Vento
Riccardo Busana: voce, chitarre acustiche, tamburi, chitarra classica, mandolino, chitarra semiacustica Beppe Pini: chitarre elettriche, chitarra classica solo Mario “Samurai” Belluscio: basso, contrabbasso Eugenio Ventimiglia: batteria Dino Ceglie: hammond, tastiere, pianoforte, programmazione Sante Palumbo: pianoforte, fisarmonica in 02