Stefano Attuario
Nell’antichità classica la Nemesi personificava la giustizia, una sorta di garante della misura e dell’equilibrio politico sociale, mentre in epoca moderna è intesa come fatale punitrice della tirannide e dell’egocentrismo delle vicende alterne della storia. Un concetto del quale è rimasto particolarmente colpito Stefano Attuario, a tal punto da titolare il suo debutto discografico, appunto, Nemesi. Dieci brani, che nonostante non sia un dichiarato concept-album, aleggiano in quel mood ideologico comune che permette al Nostro di sviscerare concetti (e preconcetti) che rimangono spesso irrisolti nella quotidianità.Un’opera sofferta, contorta, districata in un sound ottenebrato da ottime scelte assemblative, complice anche il prezioso tocco di Max Zanotti alla produzione.
Il nucleo tematico s’incentra nella profondità delle proprie riflessioni, continuamente alla ricerca di un equilibrio sano, rifocillante e spesso incerto, intricato, colmo di dubbi e dipendenze ed è come se si invocasse l’intercessione di una Nemesi risolutiva. L’anticipo del full-length ci è stato fornito dai due singoli, Un demone la mia morale e Liberi respiri (and the silent between): nel primo Attuario fa i conti con la crudeltà della coscienza, sempre tesa a sferrare attacchi, tramite un apparato angosciante e battente , mentre nel secondo, scritto in sinergia con Ray Hefferman, opta per uno splendido duetto ballad dalle mille ponderazioni e se il riff Nirvaniano di Perle ai porci aggancia l’orecchio per dondolarlo nell’incubo perfetto, certe Sentenze sono sputate con colori cupi ed agghiaccianti. Invece, toni più edulcorati si palesano nel rock wave di Arcobaleni in bianco e nero e Vello d’oro, ma la tregua vien presto spezzata dalla scontrosa oscurità di Insana illusione e L’anima non mente, tra dramma e lucida follia. Interessante la formula blues-wave di Ciechi cavalli, che denota la maestria del producer Zanotti nel miscelare aspetti di desert-sound d’avanguardia. Il suggestivo e mantrico spoken-word della titletrack chiude i battenti di un disco fragile e potente, notturno e lucente, vivo e decadente al tempo stesso, in continua antitesi ideologica, ma col fermo intento di riaffermare l’anelito per un viaggio (seppur accidentato), chiamato vita.
01. Un demone la mia morale
02. Perle ai porci
03. Vello d’oro
04. Sentenze
05. Arcobaleni in bianco e nero
06. Liberi respiri (and the silent between)
07. Insana illusione
08. L’anima non mente
09. Ciechi cavalli
10. Nemesi