Nella seconda metà degli anni ’80, nell’ambiente
blues italiano, uno dei gruppi emergenti più quotati era senza dubbio la
Model
T Boogie
dell’armonicista
Giancarlo Crea.
Oltre al leader e alla sezione ritmica formata da Massimo Pavin (basso) e
Massimo Bertagna (batteria), i punti di forza del gruppo erano i due
chitarristi, versatili e complementari, Dario Lombardo e un allora giovanissimo
Nick Becattini. L’esperienza
maturata con la Model T
Boogie, la sicurezza acquisita suonando con artisti come Albert King, Johnny
Copeland e Phil Guy convinse Becattini ad affrontare una nuova avventura che lo
portò a trasferirsi per circa 4 anni a Chicago, vivendo di blues e suonando con
mostri sacri come Son Seals, Otis Rush, Sugar Blue, Lucky Peterson, Billy
Branch e molti altri. Al ritorno in Italia una nuova svolta, una band a proprio
nome con la quale ha inciso tra il 1995 e il 2003 quattro CD. Finalmente, dopo
un lungo silenzio discografico, interrotto dalle collaborazioni con Peaches
Staten ecco il suo nuovo progetto,
Nick
Becattini & the Nickettes. Sette tracce, alcune delle quali originali e
firmate da lui stesso, e delle cover scelte però tra brani non scontati o
abusati, ma selezionate in quanto adatte alla peculiarità di Nick e dei suoi
attuali collaboratori. Il CD si apre con
Sufferin’
People, uno degli originali, e subito è chiaro cosa ci troveremo ad
ascoltare. Blues, R&B ma anche soul, gli interventi della chitarra di Nick,
mai invadenti ma efficaci e cristallini, il basso pulsante di Daniele Nesi e,
novità di questo lavoro, le
Nickettes,
ovvero un trio tutto femminile di brave coriste formato da Indra Bocchi, Dona
Pellegrini e Cristina Salotti. Se un brano come questo fosse arrivato dagli
USA, avrebbe sicuramente ottenuto un meritato successo, ma spesso ci si
dimentica che nel blues, ma non solo, abbiamo artisti che possono competere
alla pari con artisti più celebrati e considerati. La band è ottima e affiatata
ed è completata da Keki Andrei (piano/organo), Enrico Cecconi (batteria) e
Carlos Perez (percussioni). Unico difetto? la brevità del progetto che a causa
dei soli sette brani proposti, tutti di ottima fattura, funge da aperitivo, sì
soddisfacente, ma non saziante.
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