Noa
Achinoam Nini, in arte Noa, cantante israeliana, figlia di ebrei yemeniti costretti a fuggire dal loro paese a causa dell'ostilità seguente alla proclamazione dello stato d’Israele, e che a soli due anni, dovette trasferirsi con la famiglia a New York, è la protagonista indiscussa di questo progetto intitolato Noapolis - felice connubio tra il proprio nome d’arte e l’antico nome greco Neapolis (nuova città) con cui era designata la città di Napoli.
Noa, figura quanto mai internazionale, cosmopolita e attenta alla difesa dei diritti e delle libertà di ogni popolo, ha deciso per questo progetto di affrontare quattordici canzoni appartenenti alla tradizione napoletana, in compagnia del chitarrista israeliano Gil Dor e dei Solis String Quartet, un quartetto d’archi nato nel lontano 1991 dall’incontro, giocato tutto in terra napoletana, di quattro compositori e arrangiatori: Vincenzo Di Donna (violino), Gerardo Morrone (viola), Luigi De Maio (violino) Antonio Di Francia (cello). L’elemento coagulante dell’intero lavoro è il linguaggio musicale e, da questo punto di vista, queste canzoni hanno saputo, da sempre, oltrepassare confini e mode, proprio grazie alla loro intrinseca universalità.
Il rischio di un’operazione del genere, più che quello d’approdare ad un risultato finale comprensibile a pochi e per questo elitario, poteva essere quello di cadere invece in un déjà vu, restituendo l’immagine classica di una Napoli da cartolina, magari anche bella, ma sempre uguale a se stessa. Bisogna ammettere che, scorrendo la track list prima di ascoltare il disco e vedendo una canzone come Torna a Surriento, ormai davvero usata ed abusata da tanti (persino Massimo Boldi la canticchiava nei suoi sketch), questa possibilità fa paura. Invece, dopo l’ascolto, possiamo affermare che Noa, grazie al proprio innegabile carisma e ad una grande sensibilità, ha dimostrato di essere capace di infondere in questo classico nuova vitalità. La struttura del pezzo succitato non è affatto stravolta, ma certamente si vola più alti: siamo più nei pressi della musica da camera che non di quella cantata nei vicoli. Splendido poi, soprattutto per un’interpretazione in cui persino i sospiri e i silenzi si ergono a protagonisti è Fenesta vascia, un canto popolare anonimo del ‘500 che racconta la storia dell’amore senza speranza di un giovane per una ragazza che abitava dietro una finestra chiusa, e che ricorda per il suo pathos, quella Fenesta ca lucive utilizzata da Pier Paolo Pasolini come leit motiv del suo Decameron, interamente ambientato nell’Italia meridionale.
Sono proprio tante le sfaccettature presenti nell’album: si passa dalla leggerezza di Alla Fiera di Mastrandrea, quasi trasfigurata in un affresco settecentesco, alla gioiosa versione ebraica di Nini Kangy, inabissandosi poi nel forte impatto drammatico di Sia maledetta l’acqua, e passando infine per la viva passionalità di Tammurriata nera, canzone sentita quasi come propria dall’artista israeliana.
Da comasco, ovviamente non sono certo in grado di esprimermi sulla dizione di questa “scugnizza yemenita”, però posso dire che il disco, tanto napoletano quanto cosmopolita, è una vera delizia e, ascoltato magari in compagnia di un bel babà ed un bicchierino di Sidro del Sannio, potrebbe anche portare all’estasi.
01. Santa Lucia luntana
02. Era de maggio
03. Alla Fiera di Mastrandrea
04. Fenesta vascia
05. Sia maledetta l’acqua
06. Autunno
07. Torna a Surriento
08. Napule ca’ se ne va
09. I’ te vurria vasà
10. Nini Kangy
11. Villanella che all’acqua vai
12. Tammurriata nera
13. ‘A cartulina ‘e Napule
14. Nonna nonna (Gaa ‘gua)
Noa: voce Gil Dor: chitarre Vincenzo Di Donna: primo violino Luigi De Maio: secondo violino Gerardo Morrone: viola Antonio Di Francia: cello Zohar Fresco: percussioni