Uross
Sono trascorsi già un paio d’anni dal precedente L’amore è un precario ed il progetto Uross prosegue senza tentennamenti, sviluppando ulteriormente il discorso di cantautorato rock iniziato nel lontano 2007 dal giovane artista pugliese Giuseppe Giannuzzi.
La strada è quella, appunto, di un cantastorie moderno che racconta ciò che vede, ciò che intuisce nelle persone che transitano intorno a lui, che osserva, ragiona e si fa un’idea della realtà e poi la “frantuma” in rapidi flash; brevi istantanee di vita che ama raccontare a chi, magari per caso magari per scelta, non trova il tempo, la voglia o l’occasione per soffermarsi sui dettagli dell’esistenza.
Di pari passo con questa analisi dell’attualità prosegue anche lo sviluppo musicale: definirlo “rock” può anche andare bene, ma probabilmente non rende giustizia alle scelte effettuate che sono più approfondite e mirate di quanto una definizione necessariamente generica possa raccontare. Spunti hard rock, surf, garage, passaggi blueseggianti, qualche tocco di psichedelia, tutti elementi combinati insieme da un grande senso della melodia, e dalla capacità di rendere i brani coerenti fra loro pur mantenendone le singole peculiarità, cosicchè Ovunque è la bellezza che non vedi risulta un lavoro tanto omogeneo quanto ricco di spunti, di suggestioni, a cui non sono estranei gli arrangiamenti, ricchi ma mai sovrabbondanti, ed i suoni, definiti e bilanciati.
Uross ha definitivamente messo alle spalle quelle cupezze e quelle malinconie che si riscontravano nei primi lavori, soprattutto in 29 Febbraio (Lo squilibrista), ed insieme ad esse ha lentamente abbandonato i suoni, più “sporchi” e sicuramente assimilabili al grunge, che caratterizzavano i brani di allora, pur mantenendo un certo gusto per un approccio sonoro “vintage”; adesso la musica scorre con maggiore fluidità e ciò permette una maggiore immediatezza nell’ascolto ed una miglior fruibilità dei pezzi, che restano impressi, alcuni già dal primissimo ascolto.
‘Ovunque è la bellezza che non vedi’ è un album di suoni e di parole, laddove anche le parole hanno suoni ben precisi, sofferti, sussurrati, urlati ma sempre strettamente connessi al loro significato; il lavoro da “quasi-one-man-band” di Giannuzzi, affiancato da pochi e fidati musicisti, alla fine paga, paga perché mantiene vivaci la profondità del pensiero e le sfaccettature strumentali senza porsi troppi problemi di “genere” e senza la necessità di riferimenti artistici specifici.
In quest’ottica anche il tributo a Luigi Tenco è, oltre che assolutamente non casuale, perfettamente integrato nel contesto dell’album, in termini di parole, di arrangiamento e di esecuzione. Non un azzardo, dunque, ma un segno di maturità e di quello stile, personale e riconoscibile, che permea tutto il lavoro.
01. Tutto tranne l'inutile
02. La Strage di San Valentino
03. Giallo
04. Imparerò
05. Soffio leggero
06. Papillon
07. Madre
08. Komandante
09. Silenzio in blues
10. Kanto al disinkanto
11. Ciao amore ciao (Luigi Tenco)
12. L'ultima
Giuseppe Giannuzzi (Uross): voci, chitarre, basso, batteria, guitalele, tromba, glockenspiel, armonica, kazoo - Vincenzo Perricci: basso - Carletto Petrosillo: basso - Andrea Brunetti: pianoforte, Rhodes, Hammond, Farfisa, string machine, drum machine - Maurizio Indolfi: batteria - Egidio Marchitelli: chitarra