Andrea Cassese
Fa rabbia. Fa rabbia che un artista come Andrea Cassese, dallo stile pulito, evocativo e sobrio, che abbia cose da dire e da suonare, e che sappia farlo così bene, già artefice di lavori di grande profondità, molto apprezzato dalla critica musicale, sia stato finora confinato in un recinto mediatico laterale; lui, napoletano senza ostentazione e distante da certi eccessi, e forse per questo non sufficientemente percepito dalla città, spesso pronta ad allargare le braccia al genere neomelodico e alle influenze del trap dialettale in una declinazione caricaturale di appartenenza, che invece procede nel suo percorso con fluidità e coerenza artistica. Ma è vero che per questa musica e per queste parole occorre prendersi un tempo, una pausa di riflessione, una disposizione ad ascolti complessi, mentre la metropoli divora i minuti, gli istanti, gli eventi ed i suoi figli in un unico bolo, con ottusa, bulimica trascuratezza. E mentre tocca ascoltare in contest come Sanremo Giovani produzioni artistiche spesso di disarmante, ricorrente banalità, è un piacere trovare un tempo e un modo per parlare di dischi come questo, che emergono dalla penombra di ciò che non è mainstream e non protenda ad esso, facendosi strada per la forza e lo spessore dei contenuti.
Paesi Semplici, uscito a novembre per Viceversa Records/Audioglobe, è un concept paesologico, una sequenza ordinata e coerente di immagini, dieci acquerelli musicali tutti incentrati sulla tematica comune del paesaggio e del paese, nell’accezione più “pavesiana” del termine: luoghi a misura d’uomo, dove il fluire del tempo e dei ritmi vitali non è ancora stravolto dai suoi black-out causati dalla crescita insostenibile del mondo. Sono canzoni d’impronta folk, musica popolare che si richiama al country americano, che in questo caso prende l’ispirazione dalla pittura mediterranea novecentesca, e dalla letteratura coeva di grandi narratori del paesaggio e dell’esperienza umana come Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi, Ignazio Silone, Rocco Scotellaro. Vivide immagini rurali, di campane, di campagna, di luna e di vento, di una banda musicale, di una curva che dischiude lo spettacolo millenario di un paesaggio, di una periferia, di sale, acque, foschie, di stagioni.
Di conseguenza, la trasposizione delle immagini e dei riferimenti letterari nelle sonorità proprie della forma canzone fa perno sulla scelta degli strumenti utilizzati per gli arrangiamenti, che sono quelli tipici della musica folk e della canzone popolare italiana: chitarre, percussioni, contrabbasso, tromba, fisarmonica, flauto, clarinetto, il tutto su una linea di basso che non si appropria della scena, ma asseconda il fluire delle melodie.
Andrea Cassese cura le musiche e i testi di questi dieci ottimi brani, condividendone gli arrangiamenti con Giacomo Pedicini. Canta i brani con rigore e misura, quasi a discostarsene per valorizzarli appieno, conferendogli vocalità intense, pulite, sfrondate all’essenziale, gradevolissime. Il di più è nel parterre delle prestigiose collaborazioni che fanno capolino nel disco: Giovanna Marini, Nino Buonocore, Rita Botto, Kaw Sissoko e Brunella Selo. I testi, ma forse qui è più appropriato parlare di parole, sono nitidi, curatissimi, come forgiati con didascalica coerenza, e posti al servizio, assieme alle sonorità, delle immagini che si è scelto di rappresentare: per questo è un lavoro magico, sapiente, consapevole, in quanto sollecita istintivamente l’evocazione e l’immaginazione di chi ascolta, e i brani crescono ad ogni riproduzione, prendendo le forme e i contorni immaginari di chi ne fruisce. La soggettività degli ascolti ha anche il pregio di far individuare assonanze, per tematiche o per tecniche interpretative, riconducibili ad artisti celebrati: vien fuori come il brano Paesi Semplici, che esordisce con un’intro molto western, colga l’urgenza di rappresentare l’intimità evocativa e l’armonia universale che pervade la più recente produzione di Franco Battiato, o che pezzi come La fisica, la chimica, la campagna riportino alla Filosofia agricola di Niccolò Fabi, o ancora che Tarassaco richiami le sonorità ed in parte anche le tecniche interpretative di Ivan Graziani, o che la nostalgica malinconia di Beata la casa suggerisca affinità tematiche con Il suono della domenica di Zucchero. La musica popolare ha mille robuste radici, nulla si inventa, tutto si trasforma e si rielabora. Ad ogni modo, brani come Dietro una curva, Paesi semplici, Beata la casa, Primordi sono piccoli cammei, plastiche rappresentazioni di contesti che inducono a riflessioni profonde, luoghi dove il folk popolare abbraccia la canzone d’autore, fortificandola con tematiche la cui attualità ed urgenza non possono sfuggire ad un ascolto consapevole.
Dieci canzoni d’amore, che raccontano l’essere e non l’apparire. D’amore per la nostra terra calpestata dall’agire strafottente dell’uomo contemporaneo. Un messaggio in una bottiglia, che si spera venga colto, prima che sia tardi.
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01. Paesi semplici
02. Tarassaco
03. La fisica, la chimica, la campagna
04. Primordi
05. Una bella lontananza
06. I ragli e gli illusi
07. Beata la casa
08. Dietro una curva
09. Il sentiero
10. Una pausa
Andrea Cassese: voce, chitarra acustica, chitarra classica, percussioni - Giacomo Pedicini: basso elettrico, contrabbasso, violoncello, chitarra elettrica, tromba, percussioni - Antonio Esposito: batteria, percussioni - Giosi Cincotti: fisarmonica, pianoforte - Franco Paolo Perreca: flauto, clarinetto