Andrea Labanca
Ci sono tanti mondi nelle canzoni di Andrea Labanca, un po’ come in testa a chi, seduto in un bar, si ferma a pensare distrattamente, senza uno scopo preciso. Proprio in quel momento si incrocia la realtà che passa davanti agli occhi, con i valori che ci portiamo dentro messi a dura prova costantemente, così come l’effimero di un pensiero che diventa meta da perseguire nel cuore della notte, o la noia che cerca conforto nell’amore, ricordando vagamente l’approccio caro a Luigi Tenco “mi sono innamorato di te, perché non avevo niente da fare”. Però in questo zapping della mente resta sullo sfondo come costante lo sguardo distaccato e intelligente della personalità scaltra che negli anni si forma, capace di attingere, tra il sacro e il profano, tra l’”alto” e il “basso”, tra il sogno e la realtà, tra la custodia dei saperi e il trash. Tutto ciò il cantautore milanese lo racconta mirabilmente in molte frasi messe lì, una tra tutte, “Siamo macchie di colore dentro ai fast food, figli illegittimi di Bretton Woods”, una sintesi perfetta della condizione umana che si illude di avere ancora la facoltà di scelta di tutto. Proprio Bretton Woods che apre il disco con quel cantato un po’ alla Vasco Brondi conferisce quel senso di spietata messa a nudo della realtà e magari fa pensare a una poetica orientata verso un tema iper relista; invece, col procedere delle tracce, anche grazie all’azzeccatissima produzione artistica di Gianluca De Rubertis, il lavoro si indirizza musicalmente verso un tono dai tratti retrò che consolida l’appartenenza a un quadro cantautorale italiano generale con sfaccettature che spaziano nei vari decenni.
Queste scelte, unitamente al cantato, riecheggiano rispettosamente pilastri della canzone d’autore e del teatro canzone da Edoardo Bennato (Dance Dance Dance e Facciamo L’amore) a Enzo Jannacci, fino a Paolo Rossi, e Cochi & Renato che spiegano bene anche la versatilità di Andrea Labanca che nel suo curriculum vanta fruttuosi incontri con la letteratura e il teatro che hanno nel tempo rafforzato e maturato la sua formazione. Il titolo scelto per il disco, Per non tornare, sembra pertanto così solenne e definitivo da rappresentare allo stesso tempo l’ironia che lo pervade e mentre saremo già in attesa delle nuove canzoni del bravo cantautore che invece tornerà spesso, disco dopo disco a raccontarci stralci di mondi che sfilano via.
01. Bretton Woods
02. Ardo
03. Per non tornare
04. Dance Dance Dance
05. Lago di Costanza
06. Alba
07. Buio
08. Guerra
09. Facciamo l’amore
Andrea Labanca: Voce e chitarra - Gianluca De Rubertis: Chitarra, piano elettrico, sinth, basso, drum machine - Pierpaolo Ranieri: Basso elettrico e acustico - Lino Gitto: Batteria - Martina Ladduca: Voce, cori - Giovanni Calella: Chitarre, percussioni, sinth e sounds - Tiziano Cannas: Sax