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Matteo Mantovani

Piccoli momenti di caos

Che Brescia sia una provincia ad alta operosità, nonostante la crisi che ci investe, è cosa nota. Che invece sia una zona particolarmente fertile da un punto di vista musicale è invece un po’ meno risaputo. Certo, ci sono le punte di diamante, come Mauro Pagani, Francesco Renga, Omar Pedrini, Fausto Leali e poi quelli che tutto sommato ce l’hanno fatta, come L’Aura, e un po’ dietro chi ha conosciuto almeno una volta il successo, come Riccardo Maffoni. E c’è anche chi invece è conosciuto e stimato da chi segue gli emergenti, come Paolo Cattaneo e Beppe Donadio. Oltre a questi ce ne sono però molti altri, che forse non costituiscono un movimento, perché un movimento è fatto di unitarietà e di pensieri condivisi e soprattutto strutturati con un fine univoco, ma che dimostrano che in città (ma naturalmente anche  provincia) si respira una bella aria sonora. Tra gli ultimi che stanno emergendo, e che a livello locale sono già noti e stimati, merita certamente una segnalazione Matteo Mantovani, che ha di recente pubblicato il suo primo album, Piccoli momenti di caos, un album sostanzialmente autoprodotto ma curato in maniera molto attenta. Un disco fortemente voluto da Matteo dopo anni di intensa attività come turnista e musicista in collaborazione con diversi colleghi e con diverse formazioni, attività che continua in parallelo a questa suo nuova dimensione di cantautore (così va considerato Matteo, anche se i testi non sono da lui composti). L’album è prodotto da Marco Franzoni, produttore dotato di un certo carattere e capace di attribuire “un suono” ai dischi cui mette mano. E che vanta frequentazioni importanti, su tutte quelle con Vinicio Capossela e Omar Pedrini.

Partiamo proprio dal suono di questo disco.  Matteo Mantovani mette in mostra la sua qualità migliore, quella di bravissimo chitarrista, che attinge in particolare al suono acustico di matrice americana. Un chitarrista che sfodera suoni splendidi, utilizzano una varietà di coloriture sonore davvero notevole, che derivano dall’uso di diverse chitarre, oltre al dobro e al mandolino. Alle musiche, composte con Marco Franzoni, ci aggiunge i testi di alcuni amici cantautori (Manuele Zamboni, Massimiliano Tozzi, Andrea Ponzoni), testi introspettivi e di riflessione presentati attraverso canzoni immediate, che arrivano subito a segno. Il primo brano, la title track dell’album, è probabilmente anche il brano migliore del disco, grazie in particolare ad uno splendido gioco di chitarre da parte di Matteo Mantovani, ben coadiuvato da Marco Franzoni, anche lui ottimo musicista oltre che importante produttore. Il primo brano chiarisce subito anche quale vuol essere il climax sonoro del disco, che piacerà sicuramente agli appassionati della chitarra. Più vivace e movimentata la seconda canzone, Vetro, grazie anche al supporto dei fiati. Tutti i brani in ogni caso mantengono questo cliché, ottimi suoni, testi che guardano dentro e canzoni sicuramente piacevoli. “La vita che mi sono scelto” potremmo definirla il manifesto di Matteo Mantovani, che dimostra anche la passione e la voglia di vivere di musica che anima il cantante di Brescia. Cinema è  un po’ malinconica, i fiati creano il giusto ambiente sonoro, le luci si abbassano e Matteo canta con trasporto e delicatezza. Naftalina è un po’ più anni Settanta, grazie anche alla presenza alla pedal steel di Carlo Poddighe, splendido musicista del giro di Omar Pedrini.

La sequenza finale del disco alterna suoni più pieni – Il vuoto delle idee - a momenti più introspettivi – Il giorno peggiore – per concludere con la canzone più trascinante del disco, Repliche estive in Tv, ancora con la presenza massiccia dei fiati. E forse questa ricchezza sonora può costituire paradossalmente il difetto di un disco comunque molto interessante, soprattutto perché ci regala un nuovo cantautore che ha sicuramente qualcosa da offrire, sia nei suoni che nella composizione dei brani. Un suono più minimale avrebbe fatto risaltare ancora di più le notevoli doti musicali di Matteo e dato maggior omogeneità all’intero disco. Peccato veniale comunque, che nulla toglie ad un disco bello, suonato e registrato ottimamente, che ha il dono di essere immediato ma anche di crescere ascolto dopo ascolto, sinonimo di prodotto duraturo. Molto qualificata – e si sente! – la presenza degli ospiti, con special guest Efrain Toro (congas) percussionista portoricano già all’opera con Crosby Stills and Nash, George Benson, Chicago, Stan Getz.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Marco Franzoni e Matteo Mantovani
  • Anno: 2015
  • Durata: 34:06
  • Etichetta: Blufemme

Elenco delle tracce

01.  Piccoli momenti di caos
02.  Vetro
03.  Quel che chiami amore
04.  La vita che mi sono scelto
05.  Cinema
06.  Naftalina
07.  Il vuoto delle idee
08.  Il giorno peggiore
09.  Repliche estive in tv

Brani migliori

  1. Piccoli momenti di caos
  2. La vita che mi sono scelto
  3. Naftalina

Musicisti

Matteo Mantovani: chitarra elettrica, acustica, slide, baritona, dobro, mandolino, piano elettrico - Marco Franzoni: chitarre, basso, tastiere e percussioni - Beppe Facchetti: batteria - Andrea Ponzoni: piano elettrico - Ronnie Amighetti: basso  -  Giorgio Marcelli: basso  -  Carlo Poddighe: pedal steel  -  Francesco Venturini: tromba  -  Osvaldo Tagliani: trombone  -  Filippo Pardini: sax  -  Daniele Richiedei e Marco Pennacchio: violino e violoncello  -  Manuele Zamboni: cori  -  Max Tozzi: cori  -  Jade Canali: cori  -  Efrain Toro: congas