Humus
Non si può negare che questo album riveli da subito un
impatto tutto particolare, fortemente caratterizzato. “Ti aspetterò fino alle
quattro”, ripete martellante l’incipit di Cenere
al vento; e poi l’attesa prosegue: le otto, le dieci… E ancora, in Ho visto, il tormentone è “ho visto un
fenicottero volare”. Giallo cinese, estroso
incrocio bandistico-manouche, piuttosto che Ora
me ne vado non accennano a mollare la presa, in quanto a eccentricità, via
via sino alla conclusiva Ballata de Il
Grasso Bankiere (già il titolo – come si dice – è tutto un poema…), del cui
protagonista sappiamo quasi tutto (ciò che non è): “non è un falsario, non è un
usuraio, non è un uomo felice…”. E i sei figuri che formano questa strana,
scoppiettante truppa multicolore, chi sono? Vengono da Vignola (MO), dichiarano
di praticare “un folk eterodosso con influenze e contaminazioni che vanno
dall’etnico, al pop, al jazz”, non disdegnando, peraltro, la cosiddetta canzone
d’autore.
Popular Greggio, in
effetti, è risultato tra i finalisti alle ultime targhe Tenco nella sezione
opere prime. E ha, fra i tanti, un pregio non da poco: quello di dividere, di
piacere – al limite – con riserva, a chi ne stigmatizza, per esempio, una certa
incolta naïveté (che è invece inventiva
senza troppe “buone letture”, o almeno senza averne troppo tenuto conto, il che
si porta appresso un bel vantaggio: quello di non somigliare granché a nessuno).
Perché sì, per chi come lo scrivente riceve (e, bontà sua, ascolta) centinaia
di dischi l’anno, un prodotto del genere, con tutti i suoi eventuali limiti, è
la classica manna dal cielo: non annoia, non fa pensare ad altro (in senso
lato). Meglio un disco imperfetto che un disco inutile. Sempre.
Testi (ce ne sono anche, due a testa, di Tiziano Scarpa, protodialettali, e del biblista/linguista Paolo De Benedetti) e una vocalità (mix inscindibile) fuori dal coro; musiche ruspanti, “grasse” (ma non per questo volgari) che sanno tanto di inurbamento felicemente incompiuto; immagine colorata (fin dalla copertina): questi, in sintesi, gli ingredienti che connotano i sei emiliani (ma fra gli ospiti c’è un certo Tristan Honsinger – con la n, attenzione ragazzi! – nome storico del radicalismo jazz più iconoclasta). Se quelli del Club Tenco, che già li hanno selezionati per “Il Tenco ascolta” (inizio settembre a Maison Musique) avranno l’ardire di presentarli a novembre in rassegna malgrado non abbiano poi vinto la famigerata targa (in favore di un gruppo che è un po’ il loro opposto: impeccabilmente confezionato, patinato, molto déjà écouté), i sei rappresenteranno una sorpresa per molti. Li aspettiamo (anche al prossimo album, magari con qualche etichetta disposta a spenderci sopra un po’ di denaro e lavoro).
01. Cenere al vento
02. Ho visto
03. Giallo cinese
04. Oggi
05. Martino
06. Ora me ne vado
07. Lu bombo muscario
08. L'angelo disse
09. Quando vado via
10. Canzone per Aldo
11. La gattarina
12. La ballata de Il Grasso Bankiere
Ugo Ferrari: voce, chitarra classica
Raffaello Nadini: chitarra
elettrica, mandolino
Roberto Manzini: chitarra folk, clarinetto,
sax soprano
Tiziano Popoli: synth, fisarmonica,
tastiere
Paolo Melindi Ghidi: basso elettrico, contrabbasso
Andrea Bertacchini: batteria,
percussioni
Eusebio Martinelli: tromba, trombone,
flicorno
Mario Sehtl: violino
Tristan Honsinger: violoncello
Vanghelis Mercuris: oud
Pellegrino Mazzocchi: percussioni
Elisabetta Sacchetti, Lalo Cibelli:
cori
Banda Popolare di Marano sul Panaro:
fiati