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Agadez

Queendoms

Agadez è lo pseudonimo dietro il quale si cela Giada Colagrande, cantautrice e compositrice oltre che regista, attrice e sceneggiatrice cinematografica. “Queendoms” è il suo album di esordio e rispecchia pienamente la ricerca espressiva dell’artista, che ha scelto come moniker un nome che evoca la simbologia Tuareg e che si è lungamente dedicata allo studio del sacro femminino e delle tradizioni esoteriche e sciamaniche d’Oriente e d’Occidente.

Prima del debutto come solista, Giada ha collaborato con personaggi del calibro di Marina Abramovic e Franco Battiato e ha dato vita al progetto collettivo “The Magic Door”, basato sulla commistione tra indagine spirituale ed espressione artistica. Il percorso inaugurato dal nuovo disco parte dalla world music, con elementi di ispirazione celtica e dark folk, ma vuole anche trascendere i generi musicali creando atmosfere fortemente evocative, che si rifanno alle mitologie arcaiche e alle culture tribali, utilizzando principalmente voce, chitarra, tamburi a cornice e theremin. Queendoms vuole essere un viaggio di esplorazione attraverso i culti femminili successivi a quello primordiale della Dea Madre attraverso personificazioni e civiltà differenti. L’idea alla base del concept è che l’essenza della divinità sia la medesima, pur cambiando forma e nome attraverso i luoghi ed i periodi storici. Ogni brano dell’album, pertanto, è dedicato a una dea e ne descrive le peculiarità attingendo alle forme espressive della civiltà di appartenenza mediante la componente musicale, per poi invocarne i poteri e la manifestazione tramite le liriche, per le quali l’autrice ha utilizzato in prevalenza la lingua inglese.

Il processo compositivo è partito dal ritmo dei tamburi, al quale si sono poi sovrapposte le linee melodiche vocali e, via via, le parti per gli altri strumenti. Al fianco di Agadez e delle sue peregrinazioni nel tempo e nello spazio, dal Nordafrica alla Mesopotamia passando per India, penisola italica ed Europa celtica, un gruppo di talentuosi musicisti: Giovanna Barbati al violoncello, Glen Velez alle percussioni e ai tamburi e Loire Cotler alla voce e poi, ad impreziosire alcune tracce, l’arpa celtica e il santur di Vincenzo Zitello e la nickelharpa di Arthuan Rebis.

Sono proprio i tamburi sacri di Tanit ad introdurre l’ascoltatore in una esperienza musicale immersiva che lo conduce tra le sabbie millenarie del Sahara, sulle quali regna la “Madre del deserto”: qui Agadez è affiancata dalle vocalist Angélique Kidjo e Loire Cotler. Le tracce si susseguono, come perle di una preziosa collana, a costituire un armonioso gioiello sonoro in cui ogni elemento ha una qualità differente dal precedente pur nel comune denominatore dell’intensità, dell’energia che proviene dalle stesse viscere della Terra, della sottile e al tempo stesso profonda malinconia che pervade alcune composizioni: nella suggestiva Aphrodite, ad esempio, il violoncello è il contraltare strumentale della struggente linea della voce che celebra la dea dell’amore. Il contrasto tra presenza e assenza, luce ed ombra, vita e morte percorre Inanna, dedicata alla divinità mesopotamica che regola i cicli della natura oltre che governare la guerra e la giustizia. Anche qui il violoncello si fa protagonista, soprattutto nel lungo assolo conclusivo, insieme al santur, strumento a corde percosse di origine iraniana, elevando l’ascolto verso mondi ultraterreni. Per invocare Vacuna, dea di origine italica, e il dono del silenzio, Agadez ha invece scelto la lingua italiana; nella seconda parte del brano, echi lontani si rincorrono, mentre il tappeto sonoro assume qualità ipnotiche e quasi travolgenti. Si vaga nell’oscurità con le tracce successive, ove regnano figure misteriose ed inquietanti: si sprofonda nell’oltretomba con Ecate, regina delle arti magiche che accompagna i vivi nel regno dei defunti, mentre Lilith, la “luna nera” signora della Notte, è un demone mesopotamico associato a tempesta, malattia e morte, recuperato dal folklore ebraico ove diventa prima simbolo di stregoneria e lussuria per poi essere identificata con la prima moglie di Adamo. Qui il verso “we are you, we all come from you” diventa un penetrante mantra, ad implorare la protezione di una delle divinità più affascinanti ed arcane di tutto il pantheon indoeuropeo. A chiudere la sequenza, Tara, che invita a risollevare lo sguardo verso il cielo e si scioglie in un ritmo che invita quasi ad unirsi una danza rituale lenta e liberatoria.

Queendoms, fin dal titolo – un gioco di parole basato sui vocaboli inglesi “kingdom”/“regno” e “queen”/“regina” fusi in un neologismo che valorizza ed insieme proclama l’importanza dell’”altra metà del cielo” -  è un lavoro affascinante, che richiama l’ascoltatore verso luoghi ancestrali e lo conquista con le energie primordiali che sprigiona. Al di là del tempo e dello spazio, l’eterno femminino si esprime attraverso le composizioni di Agadez in molteplici colori e sfaccettature, a dipingere un ritratto di oscura bellezza e raffinata fattura.

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In dettaglio

  • Anno: 2024
  • Durata: 41:00
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Tanit
02. Isis
03. Aphrodite
04. Inanna
05. Dana
06. Vacuna
07. Cibele
08. Ecate
09. Lilith
10. Tara

Brani migliori

  1. Aphrodite
  2. Lilith