ultime notizie

Lilith Festival: Genova tra pop, rock ...

di Alberto Calandriello Periodo di intensissima attività per l'Associazione Culturale Lilith, punto di riferimento per la cultura a Genova ed in Liguria, che da pochi giorni ha dato il ...

Andrea Tarquini

Reds! - Canzoni di Stefano Rosso

Sarebbe bello poter dire che Stefano Rosso, cantautore e chitarrista romano scomparso nel 2008, non ha bisogno di presentazioni; è certamente vero per gli appassionati ma purtroppo Stefano resta un artista che non ha beneficiato della notorietà che avrebbe meritato.

Il suo successo risale alla seconda metà degli anni ’70, per poi subire un progressivo calo nella decade successiva; c’è inoltre da dire che la sua figura di hobo a cavallo tra compositore e menestrello, impegno ed ironia, palchi ed osterie (molto più frequenti queste seconde) fu distorta da una fama legata a brani come Una storia disonesta che, preso indipendentemente da tutto il resto, ne ha generato un’immagine impropria, scanzonata e pop oltre misura.

Andrea Tarquini, chitarrista e cantante romano, collaborò a suo tempo con Rosso e sia per storia che per empatia artistica è probabilmente uno dei pochi in grado di richiamarne l’arte senza retorica ed a ragion veduta; con Stefano trascorse i suoi anni formativi e questo, indipendentemente dalle evoluzioni successive, lascia traccia e si sente.
Questo lavoro oltre che ad un “tributo” è un vero e proprio “contributo” alla rivalutazione di uno dei  più interessanti e misconosciuti artisti della canzone italiana.

Forte della collaborazione di Paolo Giovenchi, chitarrista di De Gregori e produttore del lavoro, aggiunta ad un’ampia serie di  artisti che trovate elencati in calce, Andrea riesce a realizzare un lavoro che riprende Rosso dalla storia e lo colloca nei classici.

Il tempo trascorso infatti dimostra come i canoni di Stefano Rosso (qui in una foto d'epoca) siano ancora attuali, sia da un punto di vista compositivo che musicale, e possano essere riproposti con una freschezza da “restauro conservativo” (inteso nel senso migliore del termine) con annessa inflessione personale.

I testi, tutti in prima persona, richiedono un’interpretazione decisa e convinta che Andrea garantisce in ogni passaggio. Le situazioni sono tutte concrete ma non nel senso del neo-realismo, si fanno piuttosto simboli esistenziali e scampoli  sereni di contrasti:  sensibilità sociale coniugata con il vino, ironia di classe accompagnata alla medicina del distacco, tensioni addolcite dall’osservazione. In questo senso Rosso era già oltre i suoi  anni e quindi continua a suonare contemporaneo.

Andrea (Tarquini) e Paolo (Giovenchi) paiono averlo capito bene e giocano intelligentemente, oltre che spontaneamente, con tessiture acustiche ma robuste; il folk si alterna allo swing in stile Manouche (qui a fianco una foto di Daniele Gregolin che dello stile manouche è un vero virtuoso), al jazzy da cabaret ed agli echi del Folkstudio (a cavallo tra De André e l’America); non mancano passaggi vagamente pop o attitudini da filastrocca per arrivare a momenti vicini al racconto in stile Valdi / Svampa.

Un elemento da sottolineare è la sensibilità ritmica con il frequente ricorso al ¾, usato sia come valzerino che come tempo instabile utile alle incerte riflessioni, oppure al sapiente uso dell’un-due da menestrello; rari sono i passaggi scontati anche perché sopra le cadenze si stendono o i legati del violino o il punteggiare del  mandolino e del clarinetto.

L’uso di un ampio spettro di timbri strumentali è un’altra caratteristica del lavoro; se scorrete infatti l’elenco degli strumentisti potrete rendervi conto della gamma sonora a cui gli artisti hanno voluto far ricorso con un risultato da tela impressionista, che si conferma anche nei brani più essenziali eseguiti con pochi strumenti (Pane e Latte oppure Ancora una canzone).

Di rilievo anche i momenti con il sostegno vocale in back di Serena Abrami, delicatissimi e controllati in chiave di contrappunto più che di controcanto.

A conclusione due elementi di dettaglio; Rosso era un eccellente fingerpicker ma Andrea ha avuto l’intelligenza di  evitare riesecuzioni acrobatiche a rischio di caricaturismo ed ha preferito soffermarsi sui frattali (elementi di fondo) dell’arte del vecchio compagno.
Infine Andrea ha aggiunto alle cover un brano inedito di Stefano Rosso, C’è un vecchio bar e anche un suo brano, strumentale (Ho capito come), che mette in risalto le affinità elettive tra i due artisti.

Un bel lavoro, consigliato, in cui passato e presente vanno a braccetto cementati da ingredienti di musica classica popolare; uno dei rari momenti d’arte disponibili, speriamo si aggiudichi qualche attenzione oltre la nicchia di provenienza. 

0 commenti


Iscriviti al sito o accedi per inserire un commento


In dettaglio

  • Produzione artistica: Paolo Giovenchi  
  • Anno: 2013
  • Durata: 60:12
  • Etichetta: Enri Productions

Elenco delle tracce

01. E intanto il sole si nasconde

02. Pane e Latte

03. Anche se fosse peggio

04. C’era una volta e ancora c’è

05. Ancora una canzone

06. Bologna ‘77

07. Via del tempo

08. C’è un vecchio bar

09. Milano

10. Ho capito come

11. Letto 26

 

Brani migliori

  1. Bologna ‘77
  2. Milano
  3. Letto 26

Musicisti

Andrea Tarquini (chitarra acustica e voce) - Paolo Giovenchi (chitarra acustica, ukulele, mandolino e basso) - Daniele Gregolin (chitarra Manouche) - Alessandro Valle (pedal steel guitar, national guitar, dobro) - Beppe Gambetta (chitarra acustica) - Carlo Aonzo (mandolino napoletano) - Paolo Monesi (mandolino brasiliano) - Leonardo Petrucci (mandolino) - Matteo Ringressi (banjo 5 corde) - Alessandro Benedetti (contrabbasso) - Guido Giacomini (contrabbasso) - Andrea Moneta (contrabbasso) - Anchise Bolchi (fiddle, violino e mandolino) - Filippo  Gambetta (organetto) - Francesco Bellani (piano Wurlitzer) - Luca Velotti (clarinetto) - Paolo Ercoli (dobro) - Stefano Parenti (batteria e ovetto) - Luigi “Grechi” De Gregori (seconda voce in 1) - Serena Abrami (back vocals)