Scrivo gli appunti per la recensione del disco
d’esordio di
Gina su un foglio di
carta straccia. E’ un caso, ma diventa un’epifania, perché le undici canzoni di
Segreto non possono che essere state
scritte così, sulla carta straccia, spezzate e trasandate da un amore mancante,
e quindi doloroso. Un amore che ha l’oscurità fumosa del blues,
l’espressionismo lamentoso degli stornelli popolari, che nutre e brucia senza
mai alimentare e consumare del tutto, lasciando chi lo vive in balia di sé
stesso e di un amante purtroppo fantasma. Si sentono Nada e Gabriella Ferri in
questa prima prova di Gina Fabiani magistralmente accompagnata da Daniele
Bazzani e Lorenzo Feliciati. La voce, la chitarra, il contrabbasso e nient’altro;
arrangiamenti nudi, che trasmettono prima di ogni altra cosa l’esigenza di
andare all’osso, di
sentire le corde,
che siano degli strumenti o della voce. E quella di Gina è una voce che di suo
dice già tutto: cresciuta a pane e blues – lei con Bazzani nei Kozmic Blues per
dieci anni di cover sui palchi romani – interpreta le sue canzoni con la
limpidezza di una giornata rinfrescata dal ponentino, poi le screzia di toni
catramosi, scartavetrati, che rendono le parole ancora più viscerali e
tragiche. Non fanno nulla di particolarmente originale lei e i suoi due
compagni di viaggio negli scatti folk-jazz di
Rapiti, nella lunare
Le mia
parole, nel pop arioso luccicante bossanova di
Le onde. Nulla che non si rifaccia ad una certa canzone d’autore
tradizionale che, al di là dei nomi già citati, guarda ai “soliti” De André,
Conte, Tenco – cui è dedicata la
magnifica
Una piccola canzone d’amore,
unico episodio a segnalare un salto in avanti in fase di scrittura. Ma ciò che fanno,
lo fanno come si deve: undici canzoni ben scritte, suonate e cantate come dio
comanda (cioè con il giusto spessore e soprattutto la giusta urgenza),
arrangiate secondo un’idea precisa (solo chitarra e contrabbasso) anch’essa
tutt’altro che originale ma sintomatica della volontà di prendere una posizione
chiara, che non ha bisogno di nascondere l’innascondibile – leggi la solita
mancanza di canzoni decisive – con miscugli di mille inutili influenze. E facendo
semplicemente questo vanno a coprire un buco che per quanto riguarda la canzone
d’autore femminile si sente parecchio, nonostante le tanti giovani cantautrici
che negli ultimi anni stanno provando a fare il salto. Segnatevi Gina dietro
alle solite Teresa De Sio, Carmen Consoli e Cristina Donà. Quelli del Premio
Ciampi l’anno scorso si sono accorti di lei. Potete scommetterci che ne
sentiremo ancora parlare.
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