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Claudio Fasoli N.Y. 4et

Selfie

Registrato a New York (Brooklyn, per l’esattezza) nel giugno 2017, questo nuovo lavoro di Claudio Fasoli, realizzato con ritmica del posto ma certo fuor da ogni logica da blowin’ session (non sarebbe da lui, che di fatto compone, struttura, anche quando improvvisa), conferma la felice stagione creativa che, all’alba delle settantanove primavere, sta “contagiando” il sassofonista veneziano, partito quasi in sordina ormai una sessantina di anni fa e che ha avuto il suo periodo di massima fama ai tempi del Perigeo, risposta italiana ai Weather Report e l’altra mezza dozzina di gruppi (almeno i più noti) formatisi dalla famosa “costola” davisiana.

Nel “bollettino meteorologico” dettavano non a caso legge due ex del grande Miles, vale a dire Joe Zawinul e Wayne Shorter, il quale ultimo Fasoli non ha mai nascosto essere il suo più grande (non l’unico, ovviamente) amore jazzistico. E ciò proprio per – diremmo – sinergia creativa (forse anche temperamentale), come conferma una volta di più questo notevole Selfie, per il tono scuro, calibrato e contemplativo del tenore, quello più guizzante (ma comunque sorvegliato) del soprano, i due strumenti, non a caso, dello stesso Shorter (ai tempi del Perigeo, esperienza da cui lui e il “cugino” Franco D’Andrea sono quelli che – inizialmente anche insieme – si sono emancipati decisamente meglio, il Nostro suonava l’alto, poco dopo abbandonato in favore appunto del tenore), soprattutto l’approccio alla composizione, al suono complessivo, alle temperature della musica proposta. In ciò, da un po’ di anni in qua, Shorter e Fasoli risulterebbero apparentemente agli antipodi: l’americano, oggi ottantacinquenne, dirige un quartetto (stesso strumentario) che pratica un’improvvisazione pilotata, quasi che la composizione, la costruzione, stia tutta a monte (come in effetti è, ormai metabolizzata e, un po’ come la scrittura surrealista, automatica); Fasoli seguita invece a comporre, ma gli esiti formali sono spesso del tutto paralleli.

Quanto appena detto non deve far in alcun modo pensare che l’italiano copi l’americano: c’è, come detto, una similitudine ben più profonda, quasi atavica, ancestrale, che questo nuovo capitolo della saga fasoliana non fa appunto che ribadire. Si parte quieti, al tenore, con l’ampio Parsons Green, esemplare biglietto da visita per il cd, proseguendo con Kammertrio, in cui Fasoli, al soprano, si sdoppia su più piste, come accade più avanti pure in No Kidding, dalle dinamiche spigliate, a tratti quasi sbarazzine. Sono tre degli episodi migliori di un album del resto di livello molto omogeneo, di regola con ibrani al tenore (e segnaliamo anche Squero, magistralmente sospeso, e il conclusivo Difference of Emphasis) più cogitabondi e – per così dire – ruminanti, quelli al soprano più fluidi, scorrevoli, a tratti persino estroversi (ma fa eccezione Fit, di olimpica pacatezza).

Il resto lo trovate tutto in quest’ulteriore ora di musica che Claudio Fasoli ha voluto aggiungere a una discografia sempre molto mirata ma già decisamente corposa. Ne valeva senz’altro la pena.

 

Foto di Gil Frison (tenore).

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Claudio Fasoli
  • Anno: 2018
  • Durata: 60:28
  • Etichetta: Abeat

Elenco delle tracce

01. Parsons Green 
02. Kammertrio 
03. Far
04. Pauly
05. Legs
06. Squero
07. No Kidding
08. Fit
09. Nyspel
10. Difference of Emphasis

Brani migliori

  1. Parsons Green
  2. Kammertrio
  3. No Kidding

Musicisti

Claudio Fasoli: sax tenore e soprano  -  Matt Mitchell: pianoforte  -  Matt Brewer: contrabbasso  -  Justin Brown: batteria