Pandora
L’espressione “restare folgorati” è molto meno banale di quanto possa sembrare: significa che “qualcosa” ti ha segnato, profondamente, è entrato nel tuo animo e lo ha come “marchiato”, così che questo qualcosa, necessariamente, modificherà ciò che farai/dirai d’ora in poi…
Che la musica possa incidere così tanto nell’ispirazione di una band è fatto non infrequente, e la riprova la si può trovare tra i solchi, (ma oggi meglio parlare di tracce, il vinile era altra cosa…) di un album che, pur nella modernità dei suoni, sembra uscito dritto dritto da quel periodo aureo della musica progressiva che sono stati gli anni ’70.
Il secondo lavoro dei Pandora, band nata nel 2005, e dunque temporalmente giovanissima, non si nasconde fin dalle prime note: influenza classica nei tappeti di tastiere, negli archi, potenti, nell’orchestrazione, a tratti decisamente “sinfonica; richiami letterari, siano essi riferibili alla letteratura fantasy, piuttosto che ai classici della mitologia; esecuzione dei brani assolutamente in linea con i “canoni” del prog d’autore: variazioni nei tempi, basso di ispirazione Yes, tastiere dalle timbriche multiformi, enfatiche o “flautate”, chitarra che, contrariamente al coevo hard rock, si occupa di svolgere un lavoro di rifinitura, di “legare” ed amalgamare ritmicamente i suoni, piuttosto che di eseguire parti strettamente soliste.
Otto tracce, ma in pratica una sorta di suite, perché i brani sono legati l’uno all’altro; non c’è, di fatto, un “singolo” cui fare riferimento, ed in questo appare evidente l’evoluzione rispetto al progressive delle origini, dettata sicuramente dall’ascolto del prog-metal nato verso la fine degli anni ’80 e che ancor oggi raccoglie il vasto consenso degli appassionati.
Nonostante questo, nessun eccesso “velocistico”, abuso di doppie casse, tapping esasperato, effetti sonori messi lì per stupire gli ascoltatori; del resto c’è un brano, 03.02.1974, che rimanda ad una data, non certo casuale, ovvero il concerto dei Genesis a Torino, durante il tour di Selling England By The Pound.
Grande equilibrio, quindi, che pervade tutto il lavoro; a voler essere pignoli, e forse per eccesso di affetto verso questo genere musicale, manca quel riff, quell’inciso “che resta”, solista o corale che sia, e che spesso fa da “ancoraggio” ad un intero album.
Ma sono scelte, legittime, che una band ha il dovere di fare per assecondare la propria vena narrativa e musicale e non snaturare la propria vena artistica; certo, dal vivo, Sempre e Ovunque Oltre il Sogno è un lavoro che, per come si sviluppa, ha bisogno di un’audience attenta, poco incline ad un approccio “fisico”, quanto invece ad una predisposizione più “di testa”, per poter apprezzare al meglio il grande talento della band piemontese.
01. Il re degli scemi
02. L’altare del sacrificio
03. L’incantesimo del druido
04. Discesa attraverso lo Stige
05. Ade, sensazione di paura
06. 03.02.1974
07. La formula finale di Chad-Bat
08. Sempre e ovunque
Beppe Colombo: tastiere, voce Claudio Colombo: batteria, percussioni, basso, chitarra acustica, chitarra classica, flauto, tastiere, voce Corrado Grappeggia: voce, tastiere Christian Dimasi: chitarra elettrica, chitarra acustica, basso