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Domenico Imperato

Sentimentale

Qual è la vera essenza di Domenico Imperato? Due anime concertano all’interno dell’album Sentimentale, la terza fatica di un cantautore che non si riesce a inquadrare in un canale certo.

Le due anime si stuzzicano e si compenetrano, così che, come in uno yin e yang, nell’una c’è sempre un puntino dell’altra. Se si ascoltano Santiago e Sentimentale, nel loro puro aspetto sonoro, quasi fosse in una lingua che non comprendiamo, ci appaiono canzoni leggere e stuzzicanti, da piano bar o ballabili, come appunto si balla nel videoclip di Sentimentale. E non c’è nulla di male nel ballare e nel divertirsi, nel trascorrere una vita ‘sentimentale’ nel senso più ampio del termine, ovvero nell’accogliere i propri sentimenti senza razionalizzarli troppo, ma trasportandoli direttamente nei movimenti sullo strumento, nei movimenti alle gambe.

Eppure qualcos’altro ci traspare da un universo non del tutto così gioviale, in un affastellamento di oggetti da linea lombarda in Santiago, e in un gioco di specchi alla Lewis Carroll in Sentimentale: la figura del cantante da piano bar sembra essere lo stesso cantante, che si trasmette allegria e angoscia da solo: “c’era uno che cantava come un Dio / che si prendeva a pugni e c’ero anch’io”. Il Dio del canto prende a pugni sé stesso e in questa scena si rispecchia l’io, che rimane a ballare sereno la sua dolce melodia, la quale trasporta inesorabilmente anche altro, anche qualcosa di più angosciante, che rimane latente certo, ma c’è.

 

È il tempo che passa ciò che ci rende estranei a noi stessi, come le Nuvole di una canzone che si pone quale ponte tra i due mondi, quello sereno e ballabile, con quello più cantautoriale e riflessivo. Domande semplici vengono poste alle nuvole, ma che sono le stesse che creano l’angoscia dell’io: dove vanno e dove andiamo? Da dove arrivano e da dove arriviamo noi? Intanto il tempo passa e non possiamo far altro che godercela, come direbbe Woody Allen, o come fa lo stesso Imperato nella foto che ritrae sé stesso da piccolo che azzanna un dolce, e nel retro copertina lui nel 2023 che ha quasi terminato quel dolce.

In mezzo: il tempo che passa, Questa sporca vita direbbe invece Paolo Conte, citato in Il mio vero mestiere in maniera diretta, a presentare l’angoscia tautologica di un’esistenza a cui non si può sfuggire. Ma qui, nella parte nera, c’è anche un puntino bianco, perché dopo la citazione diretta di un atteggiamento trasognato e disperato, ecco la citazione latente di una vita da viveur, da godereccio che passeggia per Bologna e non si perde perché non è di Berlino: è chiaramente una citazione da Disperato Erotico Stomp di Lucio Dalla, che sdrammatizza la disperazione esistenzialista di un anacronistico Sartre da provincia.

Sicuramente Domenico Imperato è entrambe queste anime e ha messo in un disco ciò che è alto nei suoi sentimenti, e ciò che è basso, ciò che lo schiaccia col suo peso esistenziale, e ciò che gli dà forza e lo sorregge con la sua superficialità; ma sono in fondo due forze che si somigliano, e perciò ci si sente come se avessimo il Mare sopra e sotto.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Domenico Imperato e Valerio Pompei
  • Anno: 2023
  • Durata: 38:23
  • Etichetta: Kutmusic

Elenco delle tracce

01. Io invece

02. Santiago

03. Bosco

04. Sentimentale

05. Nuvole

06. Appunti di viaggio

07. Alì Babà

08. Sorrida

09. Il mio vero mestiere

10. Il capitano

11. Mare sopra e sotto

Brani migliori

  1. Sentimentale
  2. Nuvole
  3. Il mio vero mestiere