Gianni Salinetti
Parlare di sperimentazione, nell’ambito della musica jazz, è un po’ come avventurarsi lungo una scogliera particolarmente impervia, dove l’inciampo, la pietra smossa o quella scivolosa, la buca improvvisa possono far perdere l’equilibrio; nel campo musicale, poi, l’argomento è ancora più scivoloso perché è frequentissima la scoperta di “nuovi fenomeni”, di “novità entusiasmanti”, situazioni che molto (troppo) spesso non reggono all’usura del tempo.
Nella realizzazione di Shifting Point, suo album di debutto, il chitarrista romano Gianni Salinetti non si è posto certamente il problema: ha messo insieme la propria esperienza, le influenze che lo hanno colpito nel suo percorso artistico e, perché no, i risultati della sua attività di insegnante, perché anche lo scambio di esperienze con i propri allievi contribuisce a consolidare il proprio stile.
Ne è venuto fuori un album dai toni molto “caldi”, in cui ci si allontana, per certi versi, dalla struttura tipica del brano jazz ed in cui gli assoli non rivestono una particolare importanza, se non per il fatto che vanno a sottolineare determinati passaggi, senza peraltro risultare mai invadenti.
C’è, e si sente in modo rilevante, l’influenza della fusion dei primi anni ’80, e non possono sfuggire all’orecchio più smaliziato alcuni passaggi, ad esempio in Portrait, che ricordano le progressioni chitarra/pianoforte di metheniana memoria. Tuttavia questi aspetti, diciamo così, derivativi, non privano assolutamente di valore le otto tracce di questo lavoro, che portano avanti un discorso molto trasparente: l’approccio è disincantato, mai retorico, ed infatti non ci sono mai esplicite “citazioni”, e le influenze suddette non fanno altro che ampliare le potenzialità espressive del quintetto, capace di seguire una trama precisa, oppure di lasciarsi trasportare da una sorta di improvvisazione “controllata”, ma riuscendo in ogni caso a tirare le fila del discorso in modo lineare e conclusivo.
Non vanno poi dimenticati la raffinatezza degli arrangiamenti, la propensione a cambiare ritmo all’interno dello stesso brano, magari inserendo dei break, ed è proprio in questi passaggi che si intuisce il desiderio di fare un passo in avanti, di superare gli schemi, per così dire, “classici”, non solo del jazz ma anche della fusion; in questo senso Layers, nel suo incedere, è un po’ la summa di questa attitudine, ma anche Chiaranotte, scritta da Manuel Magrini, evidenzia questa ricerca di discontinuità, all’interno degli stessi brani.
Essendo un album di debutto si può affermare, con sufficiente certezza, che le idee espresse sono molto chiare e che la tecnica ed il feeling trasmesso le supportano egregiamente; cosa attendersi per il futuro è operazione, in fondo, di poca utilità: una continuità stilistica, oppure un totale cambiamento di orizzonte… non ci sono preclusioni di sorta.
01. Tunnel
02. Portrait
03. Not today
04. Cold cage
05. Layers
06. Shifting point
07. Chiaranotte
08. Reverse
Gianni Salinetti: guitar - Manuel Magrini: piano - Raffaele Matta: guitar - Francesco Pierotti: upright bass - John B. Arnold: drums, electronics