Naked Truth
Non fare il male. Shizaru, prima di essere il titolo di questo disco, è il nome della quarta delle tre scimmie - sì ok, continuate a leggere - sagge emblema del motto buddhista «non vedere il male, non sentire il male, non parlare del male». La quarta, esattamente: quella più misteriosa e rara, quella del «non fare il male».
Certo, di Oriente esoterico e assorto questo disco ce ne regala parecchio, consegnandolo in piccoli dispacci che crescono in ogni brano, ma l’essenza di questo primo album dell’ensemble Naked Truth sta nel consegnare l’intima esigenza di contemplazione all’imprevedibile della musica. Per convenienza di linguaggio, la identificheremo come dub: su questo si innestano jazz, elettronica, qualche sentore progressive… In sintesi, una jam session alla fine del mondo fenomenico, costruita a livelli, a piani, a scale, a consapevolezze progressive.
Faster than an automatic door è l’incipit inqueto e rarefatto, fatto di trombe zanzarose (Cuong Vu) ed echi sintetici alla Weather Report (Roy Powell), di contrabbassi che contrappuntano un incedere incerto che si gonfia, di chitarre elettriche che si fingono bassi (entrambi accarezzati dall’italianissimo Lorenzo Feliciati). A seguire 66, dove le sconcertanti dissonanze prog aprono un brano (dal basso Pastorizzato) che si dissolve in una nebbia percussiva entropica, un’inquietudine che trova respiro anche in Shizaru. La dissonanza continua e si amplifica in Ossimoro, che poggia su un tappeto ritmico sottile ma inarrestabile, memore delle esperienze percussive di Trilok Gurtu e conterranei. Altri binari poi quelli di Shining Skin Syndrome, eterea di un etereo metheniano, su cui plana un motivo carillonesco, lacerato in background da bordate di chitarra. Chiusa affidata a The Naked, dove si struttura un gioco melodico all’andamento quasi alt-rock, per poi riaffondare nell’alto mare dello spirito con Ahkton.
Ora, tornando a terra, di certi dischi si rischia di parlar bene solo per non passare per sempliciotti. Shizaru è un disco difficile, che coglie inevitabilmente impreparate anche le orecchie più eclettiche. Prudentemente, ci limitiamo a constatare la risonanza spirituale e la caratura di un’operazione di questo tipo, e, altrettanto, a segnalare l’impermeabilità comunicativa che rischia di chiudere fuori l’ascoltatore. Per quanto riguarda il merito, lo riascolteremo finché non ci sintonizzeremo sulla sua stessa lunghezza d’onda.
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01. Faster than an automatic door
02. 66
03. Shizaru
04. Ossimoro
05. Shining Skin Syndrome
06. Touching Corners
07. The Naked
08. Ahkton